Buffet da Pepi a Trieste: mai andata così a genio la carne

Nel cercare non ricordo più neanche cosa in mezzo a quel delirio di carta e polvere che sarebbero i miei appunti sulle mangiatoie potabili, ho trovato Bepi S’Ciavo (Giuseppe lo slavo), nome universale: “Buffet da Pepi”. In quanto persone di mondo sapete che Trieste non la nota mai nessuno. Se vi capita di andare fate caso alla grande baia e al piccolo castello. L’architettura imperiale è pomposa e c’è quella anomala cultura da caffè. Grandi e di ispirazione viennese i caffè di Trieste sono famosi. Ma per una volta lasciate che vi indirizzi altrove, precisamente in Via della Cassa di Risparmio 3.

Tra i riti secolari della città, caffè e bevute a parte, c’è il buffet, ovvero lo spuntino sostanzioso che ci si può concedere a ogni ora del giorno, in locali anticonvenzionali e un po’ pittoreschi dal cui tavolone comune ammiccano bolliti di carne di maiale, prosciutti, salsiccie e crauti, salse al cren e paprica, oppure piatti di jota, di gulash o di knodel allo speck o alle prugne, munificamente bagnati da boccali di birra bionda. Ce ne sono tanti, Siora Rosa, la Tecia, da Rudy, da Mario ma nessuno è come Pepi.

La sua caldaietta scalda e consola ogni genere di avventore dal 1897. In caso ve lo stiate chiedendo, la caldaietta, spesso incastonata nel bancone, è la pentola dove bolle il brodo utilizzato per cuocere qualsivoglia specialità di carne proponga il Buffet.

Questa volta ho trovato la porzina (coppa o spalla di maiale), il cotechino, il carrè, la lingua, lo zampone, la pancetta, perfino la testina. Mi sono anche annotato le salsicce Vienna (nome triestino per il classico wurstel) e quelle di Cragno (salsiccia del Carso, leggermente affumicata, dalla trama più grossolana).

La carne, servita nei piatti o in una semplice rosetta, si mangia seduti o più spesso in piedi, appoggiati al bancone, approfittando spesso di senape e cren, cioè radice di rafano fresco grattugiata al momento. Mani veloci preparano sapientemente i vari tagli di carne, uno spettacolo che cattura lo sguardo e incanta.

Chi riesce a sottrarsi a quella magia esce consumando il buffet per strada mentre sbofonchia: “Coss’ te credi, gavemo inventa’ el fast-food molto prima dei americani, noi”.