Del perché i tedeschi pensano che gli italiani siano dei “ladri”

Per affrontare questo tema con la necessaria obiettività occorrono due premesse. La prima è che non ho nessun amore per il denaro, se non come strumento per la misurazione del valore di ciò che desidero quando me ne separo. Perciò, se parlo di denaro, non è perchè l’ho speso ma perchè l’ho speso senza saperlo. La seconda è che da Johnson & Dipoli, romantica enoteca di Neumarkt, provincia di Bolzano, si sta proprio bene: i piatti sono curati e ben fatti, l’Oste ha una sua certa verve, la bottiglieria è imponente, l’ambiente è torridamente tipico, e l’attrezzatura a tavola di livello. Quindi, niente da dire: tranne sul conto. Non sul quantum, ma sul modus, perchè ho avvertito un vero e proprio salasso inatteso passando alla cassa.

Dunque, veleggiando verso Teutoburgo con famiglia, ecco scattare l’ora di pranzo e il gastronavigatore mentale collima a Neumarkt. L’Enoteca di Enzo de Gasperi, la Johnson & Dipoli, appunto, è un posto sensazionale per sgranchire le gambe ai PEU, mangiare un piatto bere un bicchiere e ripartire. Piccolissima, lavagna di vini al bicchiere, carta scritta a mano difficile da leggere e non del tutto attendibile: molti dei piatti non saranno poi disponibili.

Però l’Oste ci mette del suo: è cortese con noi, giocoso con i bimbi: propone gli spaghetti fatti in casa con il pomodoro, e sia. Avremo due antipasti adulti, i suddetti spaghetti, due bottiglie d’acqua (liscia, quella frizzante non c’è), un piatto-piattino di formaggi e uno di salume. Pancetta e prosciutto di pasqua.

Un bicchiere di vino? Certo, e ci propone un “Lagrein locale”. Dico Va bene, non ho voglia di farla lunga e di mettermi a girare il vino nel bicchiere, che è la cosa più off del 2010. Arrivano i bicchieri, già pieni, Colterenzio dice. Un rabbocchino ci vuole, la bottiglia resta sul tavolo (è il Sigis Mundus 2006 della linea barrique), ma non si attinge oltre.

Infine caffè. Certo, per tutti c’era stato il piccolo e delicato assaggio di salmone selvaggio e zucchine marinate al curry, e i pani con i burrini. Tutto non meno che buono. Conto: 141.

Stramazzato al suolo, risalgo per leggere lo scontrino: 3×4=12 euri di coperto, 4,50×2=9 l’acqua Plose da 0,75, e 7,50×4=30 euroni per il Lagrein. Nessuno di questi prezzi era dichiarato, nessuno di questi costi ha qualche attinenza con quello che mi aspettavo di spendere.


Siccome non ho alcuna attitudine a impartire lezioni a chicchessia, lascio che lo facciano i tedeschi, che hanno tutt’altra cultura nei confronti dell’ospitalità sia per le attenzioni verso i minori, sia per la trasparenza dei conti.

Al ristorante del bell’Albergo Kaufmann vicino a Fuessen (Bayern) prendiamo due menù gastronomici di 4 portate, acqua liscia a volontà, due menù kid-pinoccio con schnitzel e patate, una bottiglia di Riesling. Ci sono panini e burrini, e cioccolatini alla fine. L’ambiente è bello e sobriamente elegante, con un nugolo di signorone in costume tradizione che s’affardellano attorno al tavolo. Tutto non meno che buono.

Aspettativa di spesa, con le cifre a memoria, 120. Conto: 117 eurotti. Niente coperti, niente sorprese, niente di niente. Io per mio modesto parere di ufficiale pagatore di pranzi familiari, dico che sono assai più felice nella seconda situazione, e che nella prima invece non riesco a liberarmi da una nitida sensazione di pollo spennato che non è certo un incentivo al ritorno.


Chi non è d’accordo?