Il Piastrino | Sono stato a Pennabilli e non sono morto

Arrivare a Pennabilli è un’impresa, soprattutto se sali dalla E45 di Cesena. Milioni di curve e saliscendi, seppur in mezzo al paesaggio perennemente conficcato nell’anno Mille del Montefeltro. Pennabilli è un posto che ho visitato fosse solo per quel nome, uno di quei nomi indimenticabili in sè e per sè. Pennabilli è una città doppiamente divisa: da un lato dalle due aspre rupi su cui sorge, Penna e Billi. Dall’altra parte perchè vagola di quà e di là dal confine regionale come un fuscello, una volta nelle Marche una volta in Romagna. Del resto c’è voluto un referendum per decidere di essere il comune più a Sud della regione: anche se da Rimini occorrono 45 minuti buoni per salire quassù, dove Riccardo Agostini ha trovato la sua dimensione.

Seduto tra le pareti di pietra dell’antica casa rurale ristrutturata con cura, cercherai di collimare il piacevole comfort del luogo, le attenzioni carezzevoli delle signore che volteggiano in sala, l’acchiappanza delle vivande, la vasta lista di vini con i miracolosi prezzi della Carta: più facili da trovarsi in uno dei nutrifici del lungomare che a Casa di uno chef dal curriculum prestigioso (Vissani e Povero Diavolo) e dalle chiare intenzioni d’eccellenza.

Tuffato nella Gran Degustazione, avrai subito risposte chiare e convincenti: tecnica potente, ma non esibita: come quando un virtuoso mostra di possedere molto di più di quello che mostra, ma usa solo ciò che serve. Allora l’uovo di quaglia pochè con zucchine e nepitella, servito freddo, è qualcosa che non potresti fare a casa tua, d’emblée: eppure ti godrai solo la lussuria sul palato di quella sericità aggiornata con le croccanze delle nocciole, gli erbaggi, la freschezza che sublima la polpa dell’uovo. Ma se di quaglie si parla, allora potrai definitivamente catapultarti nel peccato con quaglie e animelle arrostite, macedonia di fagiolini, mandorle e primo sale.

Per la verità quando il piatto giunge al tavolo con il suo corredo di bavette l’angolo della bocca si piega un po’ all’ingiù, mentre pensi Uh, bavetta. Poi siccome ti sei formato alla scuola positivista del prima provare, azzanni le coscette e il Resto del Mondo, per toglierti il dubbio. Ebbene, la schiumetta tanto invisa ha l’aroma delicatissimo ma perfettamente delineato del latte di mandorle che cozza con l’acidità controllata della crema di primo sale: in mezzo la strepitosa finezza delle carni dello stolido volatile, ora rese in punta di cottura semplicemente perfetta. Magari pensi che l’animella sia di troppo: eppure invece il suo posto è lì, ad infittire la sensazione carnale, carnosa, selvatica e silvestre di una pietanza che è insieme tela ad olio e gouache, struggente mirabilia di sapori convergenti, ma in qualche modo arcano mai sovrapposti.

Poi potrai ricordare anche l’inusuale, avvolgente storione; il corpulento cannellone di salsiccia e porcini, l’anatra laccata dalla cottura aritmetica, il predessert con finocchio e mango… li ricorderai assieme all’impressione nitida di una cucina di forza inarrestabile, in cui le tante sapienze sono celate più che ostentate. Scelta di piatti polputi, virati ad una concretezza granitica in cui l’estro è al servizio del gusto e non viceversa.

Una sorpresa di sole stelle buone: per soli 45 eurini, probabilmente il miglior rapporto soldi/felicità del mondo.

Il Piastrino
Parco Begni 5
Pennabilli RN
0541928196

www.piastrino.it
Gran Degustazione di 5 portate (con pre, post e infra) a 45; “piccolo”a 38; alla carta 45 per quattro piatti.