La Bufalotta non è Bel Air (nemmeno Prati). E Che te ne sà non è L’Arcangelo

Un piatto di Fabrizio Colaiacono

Gianni Mura ha scritto – scrive – belle pagine di giornalismo sportivo. E ha scritto – scrive – gustose pagine di giornalismo gastronomico. Capita che scrive – con abbondanza di superlativi – di Fabrizio Colaiacomo, e di un ristorante romano da poco aperto alla Bufalotta che si chiama “Che te ne sà”. Capita anche che Colaiacomo, leggendo una coinvolgente discussione sulla cottura della pasta corta all’Arcangelo—luogo tutelare della cucina romana—sigla un clamoroso autogol segnalando un ottimo ristorante alla Bufalotta che “fa un’amatriciana da urlo!!!!!!!!!!!!” (sic). Il suo.
Diteggiando con lena nella finestrella di Gugol esce che pure l’ex direttore GR Bonilli l’ha inserito nella ristretta lista dei ristoranti di Roma in cui vale la pena andare: obbligatorio dunque, andare.
La Bufalotta non è Bel Air, e il locale va cercato, con le sobrie vetrine incastonate in un palazzo faccia-a-vista che non sarà inserito in alcun manuale di architettura. Dice che è per questione di costi, e l’argomentazione è pertinente. Anche le sale da pranzo concedono poco allo charme, puntando più sulla funzionalità.
Si prova una strada obliqua, tanto per spilluzzicare: partendo dalla proposta di mare dello chef per antipasto. Per primi i crudi: TA-DA! Tonno, spada e scampo. Qualità indubbia, risultato prevedibile. C’è poi insalata di polpo con pomodorini e origano di sicilia: convincenti i sapori, assai meno la consistenza dell’occhiuto cefalopode. Gamberi bolliti, immancabile paginetta d’insalata d’accompagno. Insalatina anche per lo Sformatino di zucchine, gamberi e tartufi di mare, in versione gratinata. Importante impronta del pecorino, coprente il gratin sui molluschi.
Da mare a terra si passa ai i bucatini all’amatriciana: una porzione colossale di pasta buona, lontana da cotture estreme e con un ottimo guanciale di Tolfa. Alluvionale la salsa di pomodoro, com’è d’obbligo. Filologico, saziante.
C’è posto solo per l’assaggio del Tiramisù, spumoso in modo deciso, affratellato a un fresco bicchierino di panna montata e gelo di caffè.
Spenderai poco meno di 40 europei se rimani con i piedi per terra, un po’ di più se decidi di nuotare, e se hai appetito bastante per affrontare le quattro opulente portate. Si beve bene.
Rapporto felicità contro soldi conveniente rispetto al centro, nella norma rispetto alle periferie. Non per l’emozione, non per il brivido, ma per un concreto appagamento.