La Casa degli Spiriti | Si consiglia la lettura a un pubblico che crede alla Guida Michelin con riserva

E’ un problema, io lo vivo come un problema, forse sono il solo ma finche’ la barca va lasciala andare. Per voi non e’ un problema? Bene. Per voi c’e’ di meglio nella vita di cui occuparsi ? Benissimo! Fatelo. Ma siamo comunque all’apice dell’ozio e quindi tendo a pensare che il menu degustazione servito per tutto il tavolo sia un problema. Negli stellati Michelin, perche’ nelle bettole di periferia non c’e’ mica questa limitazione. Che puo’ essere umanamente compresa quando si e’ in tanti. Non quando si e’ in due. No. No.

Quindi La Casa degli Spiriti parte male, anche se in verita’ la posizione le da’ un vantaggio difficile da colmare. Sulle rampe dietro il Lago di Garda, localita’ Costermano, provincia di Verona. Buio. Solo le luci della Casa e il parcheggiatore che si da’ un gran daffare con orride orde di ordinati vacanzieri.

Una stella Michelin.

Si cena in una veranda chiusa (fa ancora molto fresco la sera) e la si raggiunge passando dalla cantina, o meglio da quella parte di cantina messa a lucido per dare il tocco di enoteca. Tavolo vista lago, bicchieri da acqua colorati, forma Santo Graal, luci basse. Gran grissini al sesamo nero e spuma di formaggio delicata (ma vicina al limite dell’anonimo) nell’attesa.

Imbastisco una civilissima conversazione sulla possibilita’ di avere un menu’ degustazione e un paio di piatti per la commensale. Non si puo’ fare, ma nemmeno se aspetto/aspettiamo i tempi/modi giusti della cucina ? No. Peccato. Mi prendero’ comunque del villanissimo, iracondo (?), arrogante e snob (???) … dalla commensale, non dal maitre. Cincischiamo sul vino, rifiuto sdegnoso la mescita (Jermann Sauvignon) e la degustazione mista per andare su un antico ricordo: Sauvignon Sanct Valentin 2006. Mi prendero’ dell’assolutamente arrogante (??) … dalla commensale, non dal maitre.

Tre i benvenuti di cucina, dei quali preferisco in modo imbarazzante il sushi di trota, poi anche la composizione di anguilla con le cipolline agre. Il pane ha motivo di esistere, ma mi imbarazza imparare dalla commensale, scevra di interesse per le mie seghe ristoratorie, che quello nero-nero e’ con il nero di seppia. Mi consolo solo perche’ il nero di seppia non l’ho mai mangiato, mi fa impressione.

Una valutazione parossistica del menu’ mi indirizza alle tagliatelle paglia e fieno al sugo di piccione, sempre stupidamente convinto che nelle cose semplici stia la genialita’ di una cucina stellata. Buone ma un po’ tiepide. Lineari, cosi’ come te le aspetti. Quindi deludenti, mia colpa mia massima colpa.

Molto meglio il fu antipasto: insalata di asparagi con uovo pochè e tartufo nero su crema di latte. Dove si discetta di creativita’ in consistenze, fome e colori poco attesi ma intriganti. Con una punta non dichiarata di sapido parmigiano croccante, nascosto da qualche parte. Almeno credo.

Non assaggio, e non commento, gli gnocchi al Monte Veronese di malga con guancialino di maiale e cipollotto croccante, ma riporto la temperatura di servizio: tiepidi.

E questo e’ caldo e buono invece: scamone d’agnello al mirto con salsa alla mentuccia, patè del suo fegato e sue animelle gratinate. Spinge un po’ il sapore del fegato rispetto al resto, e degrada sul campo la mentuccia bella. Ma tutto rimane buono, oserei un ottimo perfino. E mantenendo quell’equilibrio che tanto mi inebria nonostante la presenza di sapori forti/fortissimi.

Pausa.

Scivola bene il predessert a base di mango e frutti rossi aumentando la pulsazione per il tiramisu’ moderno. Non resisto e chiedo com’e’ fatto.

Scomposto, nel senso etimologico della parola. Ogni ingrediente per se’, lontano dagli altri su un normale piatto piano. E in mezzo, ma disassato, un piccolo tuorlo d’uovo. Scomposto appunto. L’idea e’ bella e il contrasto secco, duro, ruvido, quasi bastardo direi, del tuorlo con gli altri elementi (un po’ dolciosi) e’ fantastico, al livello della caramella all’olio d’oliva dello chef Nicola Cavallaro.

Ci si lascia con la piccola pasticceria, prontamente e con gentilezza inscatolata per consumo notturno.

Non ho capito da dove arrivi la stella ma comunque non si e’ mangia-bevuto male per 135 euro a testa.