L’eleganza del Riccio

“Quando lasci Roma per Capri passi in 3 ore da una zona del mondo ad un’altra. E’ come se passassi un oceano. Un salto che normalmente ti richiede 12 ore d’aereo. C’è una trasformazione così radicale del paesaggio, dell’orografia, di tutto, che all’improvviso passi da una dimensione a un’altra. E quella in cui passi, quando arrivi a Capri, è la dimensione del mito. Poi questo mito è stato sporcato, degradato, quel che vuole. Ma nonostante tutto…”. Ripenso a queste parole di Raffaele La Capria, uno dei più grandi scrittori viventi, mentre percorro il vialetto d’ingresso del Riccio, segnalato da una lunga freccia tra un riccio e un’aguglia, nel piazzale della celebre grotta azzurra.

All’autore di “Capri e non più Capri” questo posto piacerà, perché qui, complice Tonino Cacace, già patron del Capri Palace Hotel e Spa, e quindi del ristorante L’Olivo, niente della bellezza scorbutica fatta di roccia, acqua, vento e sale è stata mortificata. Anzi, si ritrova nei colori mediterranei delle ceramiche vietresi, nei legni azzurri di tavoli e sedie, nelle trasparenze dei vetri, nell’effetto luna caprese delle luci, nel menù da riguardare come una foto delle vacanze: mare, mare e poi ancora mare.

“Il capretto neanche a Pasqua l’abbiamo avuto in carta” mi racconta divertito lo chef Salvatore Elefante, trent’anni e un luogo di nascita, Gragnano, che è già una dichiarazione di intenti. E allora in scena con ingredienti sceltissimi, poca elaborazione e scelte essenziali: il pane, ad esempio, qui è solo in versione classica da puro comprimario, magari giusto per degustare l’olio toscano selezionato in esclusiva. Dopo il benvenuto di alici marinate e pomodoro si comincia appunto con il crudo, con la tris di tartare: spigola, palamita e ricciola si presentano allineati lungo la pennellatura del piatto — nudi-e-crudi — e preparano il palato alla linguina tartufi di mare e fiori di zucca che nella cottura della pasta non concede nulla ai numerosi stranieri poco affini alla sacrosanta callosità aldente.

Poi, se riuscite a saltare il secondo, ignorando il lungo banco con i più appetitosi inquilini del Tirreno a strapiombo sotto di voi, entrate più arrendevoli in quel pezzo di meraviglia che è la saletta dei dolci: tripudio di profumi e colori della pasticceria campana saccheggiabile a piacere per 16 euro.

Nel frattempo avete già apprezzato la carta dei vini orchestrata dal sommelier Angelo di Costanzo, con uno spartito di bianchi che spazia dalle bottiglie di prestigio a qualche piacevole scoperta.

I costi? Sorprendenti. Facendo due premesse: la Hotels price index 2011 ci fa sapere che Capri è il luogo più caro del pianeta dove passare la notte, e “Il Riccio”, oltra all’appendice sul mare del 5 stelle lusso di Anacapri più beneficiato dai vip, è un beachclub che offre gratuitamente tuffi dalla roccia, l’uso di lettini prendisole, docce e spogliatoi. E se siete arrivati fin qui in barca (noblesse oblige), ci sono buone probabilità che il gozzo di Arcangelo trasformi il pranzo in una giornata indimenticabile. Dimenticavo: il caffè, rigorosamente espresso, fatevelo servire sulla terrazza più alta, dove seduti su uno degli sgabelli azzurri disposti ordinatamente in fila, appoggiate i gomiti su un bancone infinito coincidente con la linea dell’orizzonte.

E’ li, in quel momento, per meno di cento euro che capirete di essere nella dimensione del mito.