Mosaico di Ischia | Bene, ma l’alta cucina non è arte, lasciateci mangiare

“Nino?”, mi dice un suo collega anche lui gratificato dalla seconda stella Michelin, “ha solo 36 anni ma ha un curriculum che va da qui all’altra parte della sala”. Nino è Nino Di Costanzo, executive chef de Il Mosaico, ristorante gourmet del Manzi Terme Hotel & Spa di Casamicciola (Ischia). Ho aspettato con pazienza la fine dell’inverno ma pochi giorni dopo la riapertura stagionale sono seduto a uno dei 5 tavoli del suo ristorante.

Se l’albergo si prospetta come il regno dell’eclettismo spaziando dallo stile neoclassico dei cassettonati alle contaminazioni orientali degli arredi, il menù degustazione in carta – “Viaggio negli assaggi” – pare chiudere questo percorso artistico con le suggestioni delle avanguardie artistiche del ‘900. Perfino i piatti, disegnati da Di Costanzo in forme originali e materiali esclusivi, smettono di essere semplici contenitori per diventare di volta in volta supporti, telai o sfondi di una “personale” dello chef che spazia tra futurismo, astrattismo e suprematismo russo.

Diciamolo subito, lo chef è bravo. Molto bravo. Creativo nelle infinite variazioni sul tema del pesce, come l’Astice blu in 4 preparazioni, impeccabile nelle cotture, è un vero giocoliere delle consistenze: nella Rivisitazione della pizza di scarola in un sacchettino di pasta fillo, la carne di agnello cotta a bassa temperatura per 72 ore si esalta a contatto con il croccante della crosta di pinoli. Nei divertissement c’è perfino un tocco di genialità, vedi le merende dell’infanzia racchiuse in un involucro da aprire con le forbici.

Bene, bravo, perfetto. Non c’è bisogno che gli ottimi Scampi con mela verde, yogurt di bufala e porto vengano inutilmente serviti su un parallelepipedo di plexiglass. Le Paste…le patate con 20 (venti!) formati di pasta a cotture differenziate abbinati a tre “colature” di patata (gialla, rossa e viola) con mazzancolle e seppie alla brace è un piatto che potrebbe essere battuto a un’asta di Mirò, ma così abnorme da essere freddo a metà percorso. I Tortelli di maialino nero casertano con formaggio di pecora nella consistenza cremosa e in crocchetta sembrano solo una guarnizione del certosino mosaico di verdure che colora la mattonella di pietra lavica smaltata come una delle celebri tele di Mondrian e non vivecersa: per ritagliare le tessere bisogna essere esperti di fisica quantistica. Il predessert, per l’eleganza della bolla di zucchero soffiato è degno delle vetrerie Venini, ma dopo le dita sono inservibili.

In questa bella intervista della foodwriter Fiammetta Fadda, rispondendo a una domanda sugli aspiranti collaboratori, Gualtiero Marchesi dice: ”Gli metto in mano una padella vuota e gli ordino di accendere il fuoco sotto”. Poi chiarendo conclude: “Esiste un rapporto preciso tra l’intensità della fiamma e lo spessore del tegame. La cucina è scienza, per l’arte si vedrà”.

Alla fine il divino Marchesi ha sempre ragione.