Trussardi alla Scala: ammetterete che di ragioni per tornarci ce n’erano abbastanza

Trussardi alla Scala: ammetterete che di ragioni per tornarci ce n’erano abbastanza

Nel piano inclinato dell’anno lavorativo tutto scivola, eppure di quest’ultimo se ne ricorderanno per un pezzo al ristorante Trussardi alla Scala di Milano. L’uscita forzata dello chef Andrea Berton, su cui la gastrosfera si è fiondata come un bulldozer, l’arrivo in veste di consulente di Masterchef Carlo Cracco con successiva investitura per Luigi Taglienti, cuoco giovane e pieno di buon senso, nel ruolo di executive-chef.

Ammetterete che di ragioni per oltrepassare l’ingresso di Piazza del Scala, malgrado il rodaggio e le ferie imminenti, ce n’erano in abbondanza.

Intorno ai tavoli si aggirano facce nuove, anche il fascinoso sommelier ha lasciato in attesa di nuova sistemazione. I tavoli liberi sono molti mi accomodo vicino alla finestra.

Declino l’aperitivo, attorno a me commentano tutti il ballo dello spread, e 35 euro mi sembrano troppi. A proposito, il prezzo d’attacco della gigantesca carta dei vini è di 50 euro, qualunque sia la scelta.

Rinfrescante il benvenuto dello chef organizzato in piccoli assaggi: gazpacho con crumble di lime, bon bon di parmigiana di melanzane, sorbetto alla sangria. E’ tempo di scegliere tra il menu del giorno a 55 euro, quattro portate servite in unica soluzione che ricordano il pentapiatto di marchesiana memoria (Carlo Cracco è stato uno degli allievi prediletti di Gualtiero Marchesi) o la carta. Passerò da uno all’altro, sono qui per provare, giusto?

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Emozionante la partenza: musetto di vitello con spumante, filetti di sgombro crudo accompagnati da sorbetto di cetriolo e tartufo nero. Arrivo a scarpettare il fondo con tenacia. Ora ho davanti il piatto unico: maltagliati con pesto, alici e alghe di mare, fiore di zucca farcito, triglia in tempura con asparagi di mare e, non me lo sarei aspettato, Coca Cola, arrostino di vitella con salsa “Voronoff”: cognome del medico russo che pare abbia inventato la ricetta a base di senape, nell’ambiente sinonimo di viagra, tanto per spiegare.

Si va dal decoroso alla triglia elettrizzante, Coca Cola o non Coca Cola.

Sobrio entusiasmo per il secondo: piccata di vitello alla milanese con semi di pomodoro e il suo spinacio. Il riferimento a Gualtiero Marchesì (ancora?) è quasi un deja vu. Tra le tante invenzioni, il “divin maestro” aveva cubettato la cotoletta alla milanese, dadi piccoli e croccanti che però non asciugavano il palato come fanno questi. Abbandono l’impresa dopo il primo.

Dolci scrupolosamente eseguiti, che non vuol dire memorabili, servizio ben impostato, ancora molto formale, in evidente rodaggio. Capitolo costi, la crisi economica è arrivata anche qui? Giudicate voi: antipasti e secondi dai 35 ai 60, primi dai 30 ai 45.

Rivedremo l’accoppiata Cracco-Taglienti a settembre, questo blitz ha bisogno di un seguito.

[Crediti | Immagini: Nicolo’ Mascheroni Stianti]