La rivincita del cibo da strada: se voglio aprire l’Ape da street food devo emigrare

La rivincita del cibo da strada: se voglio aprire l’Ape da street food devo emigrare

Chi l’avrebbe mai detto che l’Ape Piaggio sarebbe diventata uno dei simboli dello street food italiano? Quand’ero piccola io l’Ape era da tamarro o da nonno del bar, non di certo un mezzo figo, cult, “avanti”.

Forse perché simbolo di italianità, o perché comoda e versatile, ecco che per strada cominciano a spuntare Api ovunque. Ed ecco che anche il cibo di strada mi diventa un format. Poco male, se possiamo godere di più, ben vengano i format e le idee.

Come quelle dell’architetto Andrea Carletti di Street food Mobile, che progetta e noleggia mezzi attrezzati per produrre e portare in giro il buon cibo. Da quando ha aiutato i miticoltori liguri a trasformare cozze e muscoli in panini da vendere in spiaggia, continua a portare avanti belle iniziative. Sarà anche a Londra e durante le Olimpiadi, una sua Ape Piaggio sotto il marchio “Gurmetti” andrà in giro per le strade a vendere street food rigorosamente made in Italy.

Chissà se avrà ispirato lo chef di Senigallia Mauro Uliassi, genio divenuto itinerante con l’Uliassi Street Good, una  bat-mobile disegnata da Mirko Gabellini dove prepara a prezzi umani fish&chips alla senegalese, chiken wings e mojito frozen.

Tutti giù per strada allora. Dagli chef che scendono in strada, agli sciami di Api attrezzate, alle associazioni non-profit come Streetfood.it che raccoglie, sotto uno strettissimo decalogo, i produttori e promotori del cibo di strada genuino e quasi dimenticato.

Dimostrazione che lo chef non è solo il vip di bianco vestito che esce a prendere gli applausi del pubblico in sala, ma anche quello che animato da una sana passione, si reinventa e mette in moto l’Ape anziché il ristorante, quello che ribalta le regole del sofisticato food e ci riporta dove tutto nasce. Perché è proprio lì che non si può scherzare, che necessariamente ci si deve inchinare al territorio, al clima, alle persone, alla strada appunto. Dove non ci sono distinzioni di tasca o di età.

Ape Piaggio di Street food Mobile anche per Le grand Fooding, a Milano da domani al 5 luglio con “Pelle all’arrabbiata”. Dismessi i toque, accesi dal ruggito primordiale, alcuni giovani chef d’Oltralpe e nostrani ci ricordano che si può fare, si può infrangere la regola del tavolo e della sedia e buttarsi sulle vie asfaltate per valorizzare, rivisitare o riportare in auge il buon cibo di strada.

A pensarci bene m’è venuta voglia di aprire un’Ape, di fatto più economica e rapida di un ristorante. Ho chiamato Andrea Carletti e mi sono fatta dire come fare. Risposta: “devi andare a vivere in un altro paese”.

Ecco lo schiaffo e la triste realtà italiana, Andrea mi dice che molti progetti qui da noi sono bloccati dalla lunga trafila burocratica che deve passare per Uffici Commercio e Affari pubblici, acquisto della licenza come ambulante/itinerante, problemi folli di collocazione del mezzo “certe vie sono blindate, solo perché i commercianti vicini protestano”.

A Londra, dove è già attivo con il suo progetto, è tutta un’altra cosa “l’Asl ad esempio interviene per suggerirti delle migliorie e torna a verificare dopo 2 settimane, non viene per farti chiudere all’istante”.

Lui è un entusiasta, si capisce subito. Per non perdere l’ottimismo è costretto a guardare e progettare fuori, Stati Uniti in particolare. Eccola che si ripete, la fuga.

Qui non si tratta di cervelli (anche) ma di street food e ottimi progetti che in Italia non riescono a essere valide alternative per chi è ricco di idee e passione, ma non ha la forza economica di aprire un ristorante.

[Crediti | Link: Street Food Mobile, Dissapore, Streetfood.it. Immagine: Street Food Mobile]