Eataly contro il caporalato: impegno o cinismo?

Eataly contro il caporalato: impegno o cinismo?

Filantropia o cinismo? E la filantropia può essere considerata tale quando è palesemente a scopo di lucro? O al contrario, la presenza di un fine commerciale fa perdere totalmente credibilità a un messaggio, per quanto irreprensibile?

Ma soprattutto, è il caso di sprecare tutti questi paroloni per parlare dell’ultima pubblicità di Eataly, la creatura di Oscar Farinetti? Pare di sì, dal momento che a discuterla sono ammirevoli esponenti della stampa italiana.

[Pomodori, non caporali: cosa pensa Slow Food del caso Olanda?]

Accade che Eataly, la catena di “alti cibi”, il non-supermercato divenuto brand globale, acquisti una pagina pubblicitaria sul Corriere della Sera (il cartaceo) per dire la propria su un tema quantomai scottante: il caporalato. Succede a pochi giorni dalla strage di braccianti di Foggia, che ha riportato all’attenzione dei media il dramma dello sfruttamento umano nei nostri campi.

“Tu stesso puoi agire contro il caporalato..e in più, decidere di mangiare un pomodoro sano e buono”: la réclame di Eataly si accoda, seppur non esplicitamente, al monito di Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, del 9 agosto, che su Repubblica ci ha ricordato –perdonate se la facciamo breve– come acquistare la passata di pomodoro a 80 centesimi di euro renda noi stessi complici del caporalato.

E in caso l’associazione tra il messaggio di Slow Food e la pubblicità di Eataly non vi sembri così immediata, basta leggere le quattro righe impresse proprio sotto il barattolo Afeltra (azienda di Farinetti stesso medesimo): “C’è un semplice modo per lo sfruttamento umano nella raccolta dei pomodori in Italia: comprare pelati di alta qualità. Li paghi poco di più (alla fine la differenza nel piatto è di pochi centesimi) e offri la possibilità al produttore di pagare come si deve i lavoratori”.

Parole sante? Dipende dal contesto. Il concetto di “costo sociale del cibo economico”, che Slow Food sostiene da parecchio, è inattaccabile, ma se viene affiancato a un barattolo di San Marzano sponsorizzato, suona “cinico” e “fuori misura”.

Almeno secondo Marco Castelnuovo, giornalista del Corriere della Sera, che dedica un post su twitter alla faccenda. Lo segue a ruota Paolo Madron, editore di Lettera 43, che ironizza (è ironia, vero?) sulla “classe di Farinetti”.

Tra i commenti, si parla di opportunismo, di forme differenti caporalato (in riferimento al trattamento dei dipendenti di Eataly, argomento ricorrente), ma nessuno ha il coraggio di mettere in discussione il messaggio in sé. Gli utenti sono divisi, tra chi in quella pubblicità vede un manifesto condivisibile e chi ci legge l’appropriazione indebita di un’idea.

E voi, come la pensate?