I Ristoranti e i Vini d’Italia: tra cappelli e cappellate, ecco la guida 2019 de L’Espresso

I Ristoranti e i Vini d’Italia: tra cappelli e cappellate, ecco la guida 2019 de L’Espresso

È uscita la guida de L’Espresso 2019, presentata ieri in quel di Firenze e da oggi disponibile, in libreria e in edicola, per i comuni mortali. Si chiama “I Ristoranti e i Vini d’Italia”, dacché quest’anno convoglia la buona vecchia “Vini d’Italia”, che fu, in un unico tomo di 791 pagine, con 2000 ristoranti recensiti e 800 premiati.

Poiché questa è la stagione delle guide, vi semplificheremo il collegamento mentale: è quella dei cappelli, assegnati come voti ai locali (da 1 per la “buona cucina” a 5 per “i migliori in assoluto”), e delle “cappellate”, come ha fatto puntualmente notare il critico mascherato, Valerio Visintin.

[La guida ai ristoranti dell’Espresso fa pubblicità ai ristoranti]

Partiamo dai cappelli. Sono sette i migliori ristoranti secondo la guida di Enzo Vizzari: il Casadonna Reale di Niko Romito (Castel di Sangro, AQ), Le Calandre degli Alajmo (Rubano, PD), il Piazza Duomo di Enrico Crippa (Alba, CN) l’Osteria Francescana di Massimo Bottura (Modena), Uliassi, dell’omonimo chef (Senigallia, AN), il St.Hubertus di Norbert Niederkofler (San Cassiano in Alta Badia, BZ) e il Lido 84 (Gardone Riviera, BS) di chef Riccardo Camanini.

Tutti 3 stelle Michelin, a parte il ristorante di Mauro Uliassi, che ne ha due, e l’ultimo citato, che ne detiene una sola e probabilmente nei prossimi mesi lavorerà parecchio. E’ la rivelazione dell’anno, al netto dei premi speciali assegnati dalla guida, tutti rigorosamente sponsorizzati: si va dal “Premio De Cecco” a La Pergola di Heinz Beck, per “la pasta dell’anno”, al “Premio Aceto Ponti” assegnato al D’O di Davide Oldani per “la valorizzazione del made in Italy in cucina”.

Sono ventidue, invece, i 4 cappelli (tradotti in “cucina eccellente”), distribuiti in maniera prevedibilmente iniqua tra nord Italia e Sud. Eccoli, Regione per Regione:

PIEMONTE
Antica Corona Reale – da Renzo (Cervere)
Del Cambio (Torino)
Villa Crespi (Orta San Giulio, NO)

LOMBARDIA
Berton (Milano)
Contraste (Milano)
Hotel Mandarin Oriental – Seta (Milano)
Lume (Milano)
D’O (Cornaredo, MI)
Da Vittorio (Brusaporto, BG)

VENETO
Casa Perbellini (Verona)
La Peca (Lonigo, VI)

TOSCANA
Borgo San Pietro – Meo Modo (Chiusdino, SI)

MARCHE
Madonnina del Pescatore (Senigallia, AN)

LAZIO
Hotel Rome Cavalieri – La Pergola (Roma)
Il Pagliaccio (Roma)
La Trota dal ’63 (Rivodutri, RI)

CAMPANIA
Danì Maison (Ischia, NA)
Krèsios (Telese Terme, BN)
Taverna Estia (Brusciano, NA)

SICILIA
Duomo (Ragusa Ibla)
La Madia (Licata, AG)

Aggiungetene uno in Slovenia, contemplata nella guida, Hisa Franko. Sfogliando la guida al suo primo giorno, emerge una visione ottimistica dei prezzi, che paiono in generale più bassi sulla carta stampata rispetto alla realtà (esclusi i vini, si intende).

Poi, le cappellate. Ce ne sono di genuine, finanche tenere, come un refuso alla prima riga, e di quelle che fanno mal pensare.

Tre valutazioni errate, impresse su carta come tali, abbassano il voto a l’Argine a Vencò di Antonia Klugmann, che per L’Espresso meriterebbe 3 cappelli e non 2, come si legge sulla guida, al Bros di Floriano Pellegrino (sempre 3 cappelli, dove ne vedete 2)  e al 28 Posti di Marco Ambrosino, che avrebbe 2 cappelli, anche se ne risulta uno solo. Ad accorgersene è stato il popolo del web, preoccupato per gli idoli declassati, e Enzo Vizzari ha prontamente giustificato il tutto con un errore del sistema informatico.

Ah, la moderna tecnologia. Bisognerebbe tornare all’abaco per contare i Cappelli, dal momento che pure con le piccole somme non ce la caviamo benissimo: l’introduzione del curatore parla di sei “cinque cappelli”, laddove ce ne sono sette, e di ventitré “quattro cappelli”, ma noi ne contiamo 22, Slovenia compresa.

Meno buffo lo scivolone pubblicitario, che come appunta Visintin denota una certa sfacciataggine. Accanto a una pagina pagata dal Grand Hotel Excelsior Vittoria Terrazza Bosquet di Sorrento compare la recensione dell’albergo-ristorante stesso medesimo, con due cappelli assegnati.

Completa il quadro, sinistro, la nota di pagina 94 mandata in stampa per errore. Potete vederla in due modi. L’editore era troppo occupato per rileggere tutte quelle righe messe nero su bianco, e un post scriptum destinato a Vizzari solamente è finito in tutte le nostre case. Oppure potete analizzare la questione come ha fatto Visintin:

“Una nota privata e indirizzata al piccolo Cesare, Enzo Vizzari, è andata improvvidamente in stampa. L’umile recensore del ristorante La Bottega di Cesare Giaccone non ha cuore di assegnare un voto. Quindi, sigilla la sua scheda con un deferente post scriptum indirizzato personalmente al capo supremo. Il che dimostra, tra l’altro, l’ampia discrezionalità di giudizio lasciata ai collaboratori della guida. (…) l’anonimo critico fantozzianamente scrive: -Senza voto o come decidi tu Enzo magari il cappello d’oro – . E infatti, dando giusta considerazione al suo sottoposto, Enzo accartoccia il suggerimento e assegna due cappelli. Ma dimentica l’appunto sulla pagina”.