Joia Kitchen a Milano, recensione: mai una Gioia, cari veg

Recensione di Joia Kitchen a Milano, bistrot vegetariano low cost dello stellato Joia Gourmet di Pietro Leemann. Menu, prezzi, foto, piatti, opinioni.

Joia Kitchen a Milano, recensione: mai una Gioia, cari veg

Siamo stati da Joia Kitchen di Milano, il bistrot di Joia Gourmet, ristorante vegetariano da 1 stella Michelin firmato Pietro Leemann. Siamo proprio sicuri che la formula ‘democratica’ funzioni veramente? Cosa ci ha convinto e cosa no nella nostra recensione.

La prima volta al Joia non si scorda mai. Se sei vegetariana (o vegana), scrivi di cibo e ti trovi a Milano, il ristorante stellato di Pietro Leemann è una tappa obbligata. L’unico del suo genere in Italia, Joia è uno dei pochi indirizzi nel mondo (quasi) esclusivamente plant-based ad aver ottenuto il prestigioso riconoscimento Michelin. Nel “tempio della cucina vegetariana” le uova non sono ammesse e i latticini entrano dalla porta sul retro, a volte sotto le mentite spoglie di caprini di mandorle o fermentini di anacardo. I presupposti per entusiasmare gli amanti della cucina vegetale ci sono tutti, figurarsi poi se c’è la possibilità di sedersi senza spendere un capitale. Piatto (veg) ricco mi ci ficco.

Joia Kitchen è la versione ‘low cost’ che promette il miracolo, ovvero cenare con piatti stellati, in quantità ragionevole e a prezzo accessibile. Una prospettiva ‘democratica’ di cena gourmet non sarà pari all’esperienza immersiva che si consuma nella sala proprio lì accanto, ma rimane comunque un’occasione per testare gli standard della cosiddetta alta cucina naturale di Pietro Leemann. Cosa mi aspetto da questa serata? Servizio impeccabile, ingredienti sceltissimi, esecuzione a regola d’arte: in una parola, mi aspetto emozione. Joia Kitchen è riuscito a convincermi? In parte sì, anche se non sono sicura di esserne uscita completamente soddisfatta. Vediamo perché.

Il menu, i prezzi, i piatti

Si parlava di prime volte. La mia al Joia risale a due anni fa a cena con tutti i prismi e i crismi del percorso più lungo (e costoso) proposto in carta. Come per tutte le cose – e questo vale in particolare per il cibo – la memoria sentimentale prima o poi si deve confrontare con la realtà del presente. E dunque la cena al Joia Kitchen diventa per forza di cose un lungo, e a tratti sofferto, metro di paragone.

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Il menu degustazione del Joia Kitchen è un percorso da 50 euro che varia a seconda della stagione e comprende antipasto, primo, secondo e dolce, più acqua e caffè. Le portate sono casualmente tutte completamente vegane e senza glutine e, in caso contrario, lo diventerebbero su richiesta senza batter ciglio. Mettendo sul piatto prezzo, varietà, qualità e beh, il solo fatto di essere seduta in un ristorante stellato, il deal mi sembra più che onesto.

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Come ogni cena gourmet che si rispetti, il percorso si apre con un’entratina offerta dalla casa. La maionese di miso con verdure dei piccoli produttori milanesi però è la prima, grande delusione della serata: presentazione mediocre, idem per il gusto, perfino il nero del piatto da portata fallisce nel tentativo di esaltare i colori, pur brillanti, degli ortaggi. Non serve neanche fare il confronto con le iconiche tavolozze servite nel sancta sanctorum a pochi metri da dove mi trovo: semplicemente, non ci siamo.

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Fortunatamente ci pensano le due portate successive, il battuto di radici e avocado con insalatina (15 euro) e il risotto mantecato con zucca, crema di piselli e sfera di lampone (15 euro) a risollevare la falsa partenza. Notevole il primo, dai sapori riconoscibili in ogni sua singola componente; discreto il secondo, che si meriterebbe un bonus solo per i colori così sgargianti che neanche il migliore degli acid trip. Entrambi i piatti testimoniano la selezione maniacale delle materie prime e la mano inconfondibile di Leemann, delicata e ben studiata.

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La battuta di arresto si verifica con il secondo, nel senso che il piatto proprio non arriva. Dopo un’attesa infinita ecco finalmente il tempeh arrostito con salsa al vino rosso e caprino di mandorle (20 euro). Il piatto che senza dubbio mi è piaciuto di meno: sapori già visti – il tempeh, credetemi, merita tutta la sinestesia di cui dispongo –, emozione non pervenuta. Un ‘ni’ pieno.

Anche al dessert tocca una tempistica infelice, circa 3 minuti dopo che il secondo è stato ritirato. Oltre al danno, la beffa: nessuna ombra o menzione di pre-dessert, si marcia spediti alla conclusione. La terrina di cioccolato e arachidi con pera speziata (9 euro) ricorda tantissimo una famosa barretta confezionata che prende per la gola e per i ricordi d’infanzia. Come dire, almeno si finisce in dolcezza.

L’atmosfera e il servizio

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L’atmosfera al Joia Kitchen è un po’ quella che si prova in una saletta d’attesa. Anzi, oserei dire l’economy class di un aereo, l’unico luogo in cui tutti occupano lo stesso spazio eppure basta un corridoio a dividere il disagio dalla bambagia. Il bistrot del Joia è la vetrina del locale, tenuto ben separato dagli interni dove si consumano pasti muniti di amuse-bouche decenti e coreografie di pre-dessert. Ho quasi paura ad alzarmi per andare in bagno, non so se rendo l’idea.

Il servizio non migliora la situazione, anzi. Il caso vuole che il tavolo dove mi hanno sistemata corrisponda all’anticamera della sala d’aspetto, praticamente prendo le prenotazioni insieme al maître. Il che, d’altra parte, mi consente una visuale privilegiata sui movimenti dei camerieri. Non mi soffermerò sulle forchette che cadono o sui vassoi del ritiro in sosta perenne appollaiati in reception, in fondo siamo stati tutti alle prime armi del mestiere. Voglio piuttosto parlare dei responsabili di sala che un minimo di esperienza in più dovrebbero averla, almeno quel tanto da, che so, offrire il pane, spiegare i piatti, farli arrivare in tempi cadenzati. Tutto accade troppo velocemente o troppo lentamente, fino a raggiungere l’apoteosi di un conto chiesto, richiesto e arrivato oltre 40 minuti dopo la fine del pasto. Provate voi a farli passare quando siete seduti da soli in una stanza che risuona di cinguettii, gong e muggiti in sottofondo.

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Alla fine della fiera, il vero pendolo del giudizio lo fa il provvidenziale scontrino: e chi se lo aspettava di uscire da Joia con sole due cifre stampate sopra. Il vero prezzo, a pensarci bene, lo fanno un menu buono (ma senza emozione), un’atmosfera sobria (ma senz’anima), un servizio preciso (ma non attento). In sintesi, una cena (e non un’esperienza).

Informazioni

Joia Kitchen

Indirizzo: via Panfilo Castaldi 18, 20124, Milano
Sito web: www.joia.it
Orari: aperto a cena dal lunedì al venerdì dalle 19.30 alle 23.00
Tipo di cucina: vegana e vegetariana
Ambiente: zen
Servizio: compassato

Voto: 2,8/5