Olio made in Italy in etichetta, ma solo il 16% sarebbe italiano

L'antifrode sospetta un accordo tra aziende italo-spagnole per vendere come "made in Italy" olio extra vergine d'oliva che lo è solo per iò 16%

Olio made in Italy in etichetta, ma solo il 16% sarebbe italiano

Che l’olio italiano sia un torbido affare non è propriamente una novità, anche i controlli svolti nel 2014 dal nucleo anti-frode confermano che il nostro settore oleolicolo è tra i più interessati dalle frodi commerciali.

Questa volta la denuncia arriva dall’Agenzia delle Dogane, secondo cui un cartello italo-spagnolo (un accordo tra imprese, insomma) porterebbe sugli scaffali dei supermercati, e dunque nei nostri piatti, olio extravergine d’oliva etichettato “made in Italy” ma con solo il 16% di olio italiano.

Effetti collaterali dell’accordo sarebbero la violazione delle regole sulla concorrenza, una qualità inferiore e i prezzi tenuti sotto controllo.

Il bandolo della matassa sembra fare capo alla società spagnola Deoleo, controllata dal fondo di private equity Cvc: un colosso che ha acquisito marchi italiani come Carapelli, Bertolli e Sasso. In sostanza, Deoleo venderebbe e comprerebbe olio ottenendo il marchio made in Italy, malgrado l’oro liquido non sia di provenienza italiana bensì europea, a volte perfino extra UE: olio greco, spagnolo, tunisino, marocchino per un totale dell’84% di olio straniero: eppure il made in Italy fa bella mostra in etichetta, come sui vestiti Prada.

E non basta: sembra anche che alcune realtà aziendali italo-spagnole abbiano a capo la stessa persona e, allo stesso tempo, vendano e acquistino olio d’oliva non italiano. Come dire: una famiglia allargata, solo che sul campanello di nome c’è quello italiano e basta.

È una storia di cui si hanno le prove, dato che l’Agenzia delle Dogane ha redatto report su report dal 2009 al 2013. Secretati dal parlamento italiano perché, si sa, di certe cose è meglio non parlare. A leggerli con cura, però, è stato Francesco Cariello, deputato del M5S, che ha potuto farlo in quanto vicepresidente della commissione sulle contraffazioni, dicendosi indignato per il fatto che gli italiani non possano sapere quale olio consumano.

Sulle bottiglie, infatti, non c’è altro che un generico made in Italy, che non specifica la provenienza delle olive e influisce negativamente sui benefici economici che l’Italia potrebbe ricavare dal suo olio.

Sulla vicenda Il Fatto Quotidiano ha interpellato il ministro delle Politiche Agricole Martina che non ha però risposto al quotidiano romano.

[Crediti | Link: Il Fatto Quotidiano]