Di cosa parliamo quando parliamo di specialty coffee

Dissapore è al Salone del Gusto con il Dissapore Cafè per parlare di cibo artigianale direttamente con i protagonisti. Oggi abbiamo parlato di specialty coffee con Francesco Sanapo di Ditta Artigianale e Giulio Panciatici di Orso Laboratorio Caffè

Di cosa parliamo quando parliamo di specialty coffee

Il Salone del Gusto 2016 è appena cominciato e al Dissapore Café, per iniziare la giornata col piede giusto (e, diciamocelo, per iniziare bene anche le prossime, stracolme di eventi e incontri) si è parlato di caffé.

Di Specialty Coffee.

Sono stati con noi Francesco Sanapo, pioniere di questa realtà in lenta ascesa (che con Ditta Artigianale di Firenze è al primo posto tra le 20 caffetterie artigianali d’Italia secondo Dissapore), e Giulio Panciatici, che lo ha seguito a ruota, col suo Caffé Orso di Torino (nostro terzo classificato).

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Il Dissapore Café si è trasformato in un laboratorio chimico pullulante di bilance, cronometri, panciute ampolle (aggeggi strani, insomma) e chicchi vari.

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Abbiamo capito che ne vale la pena, di sfoderare astrusi armamentari e tenere il tempo agli alambicchi: lo Specialty è filiera controllata, innanzitutto, e merita estrema precisione nella preparazione.

Una definizione vera e propria non c’è, del “caffè speciale” (che traslittieriamo banalmente dall’inglese), ma Sanapo sintetizza: “Ogni fase di lavorazione del chicco è finalizzata all’ottenimento di un prodotto che possa definirsi pressochè esente da imperfezioni, nel rispetto di rigidi criteri di valutazione fissati dalla SCAE, che sta per Specialty Coffee Association of Europe”. Una filosofia, insomma.

Si contrappone, a questo credo, la tradizione radicata nell’italianità: caffè a 80 centesimi, consumato in fretta e furia, senza far caso all’aroma. E invece: aroma di cioccolato, nocciola o pane tostato, cremosità e persistenza (quello di Sanapo a Firenze sta orgogliosamente a 1,50 mentre Panciatici lo mette a partire da 1,20).

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Un prodotto per curiosi che non si fermano al luogo comune per cui il caffé filtro è annacquato. Per quelli che si fanno sedurre dalla sperimentazione, dagli aromi e dai retrogusti persistenti.

Per chi non ingolla la tazzina di caffé con la fronte corrucciata solamente per “godere” del suo effetto energizzante.

Solo il 2% del mercato globale del caffé che, paradossalmente, non teme il confronto coi grandi colossi. Pensiamo a Starbucks in agguato, pronto ad approdare nella patria della tazzina.

Nell’opinione comune l’orco pronto a ingurgitare le piccole caffetterie d’eccellenza, ma, a detta di Sanapo, “il perfetto termine di paragone in grado di avvicinare i consumatori al mondo del caffé filtro e, assieme, di sottolinearne la differenza di qualità”.