15 pizze al taglio senza rivali

Le migliori 15 pizze al taglio d'Italia. Quali sono, dove si trovano, quanto costano. La classifica con il meglio del settore da Nord a Sud passando per Roma

15 pizze al taglio senza rivali

Dissapore non aveva una classifica delle pizzerie al taglio.

Certo, si viveva anche senza, ma da oggi i lettori devoti alla ricerca compulsiva trovano pane, o meglio, rettangoli di pasta lievitata con farciture insolite e seducenti, per i loro denti

Non è sempre stato così. Ma per fortuna il ritaglio di mozzarella del supermercato colante pomodoro acido a 3 euro e cinquanta, Fanta inclusa, ormai è relegato ai nostri (brutti) ricordi.

Oggi, che si definisca gourmet o meno poco importa, la pizza al taglio di livello, in teglia o alla pala, alta o bassa e scrocchiarella, s’impasta con grani antichi e lievito madre, mentre il ripieno è stagionale e Dop o non è.

Ecco dunque la guida a un settore in crescita che tanto per chiarirsi non è lo stesso delle pizze tonde da asporto né della pizza fritta. Questo è il regno di forbici e palette, della vendita a peso (d’oro, a volte), del “ne ho messa un po’ di più, cosa faccio lascio?“.

Fateci sapere cosa ne pensate, ovviamente.

15. La Marciaronda – Nettuno (RM)

la marciaronda

Con un nome poco orecchiabile (marcia ronda è il percorso merlato lungo le mura esterne di un castello, qui si riferisce alle torri d’Astura) e un’auto-promozione pressoché inesistente, Carlo e Mirna, proprietari di questa pizzeria al taglio, fanno rosicare i vicini di piazza Marcantonio Colonna e parecchi colleghi romani.

L’impasto leggero come un soffio, con 72 ore di lievitazione, contrasta la ricchezza dei condimenti: la combinazione carciofi, pancetta e gorgonzola parla del territorio con gusto e inventiva.

14. Taglio – Torino

Simpatica l’idea di chiamare una delle pizze stagionali Daikol salam (era ad aprile, peccato). Indirizzo da segnare sulla Moleskine, amato e frequentato da Enrico Crippa, tre stelle Michelin per il ristorante Duomo di Alba, CN, che ha scelto di sperimentare qui la sua pizza alla Pollock da 20 euro.

Buono ma anche pulito e giusto, visto che la chiocciola Slow Food spesso si fa notare tra gli ingredienti (molti i Presìdi).

Luigi Ferraris, il pizzaiolo proprietario, è il vicino di banco secchione che riesce pure a farsi amare, e non può che vincere il derby torinese anche nel ristorante/pizzeria Tomatika

13. Pizza Zazà – Roma

pizza zaza

Se date dei colori a olio e un paio di tele a un bambino poco mansueto ottenete qualcosa che somiglia alle teglie di Pizza Zazà (franchising tutto romano: Piazza sant’Eustachio 49, Via Nizza 69, Via Cina 86).

Con farciture votate all’eccesso, come quella nella foto (insalatina di zucchine, crema di agrumi, bufala, salmone, semi di papavero e pistacchi), e un impiego ostentato di ingredienti bio, la mini-catena si tradisce con una lattina.

Eh eh, la Coca Cola no. Dai, che rovina il gusto e fa gonfiare nella pancia la pasta a lunga lievitazione.

12. Pizza Fantasy – San Donà di Piave (VE)

pizza fantasy

Questo è il posto del fai da te esigente, dove il cliente si farcisce la pizza romana alla pala, detta anche “scrocchiarella”, secondo preferenza. Per esempio con scamorza di Bufala affumicata nella paglia naturale e zucca caramellata al miele.

Soglia di rischio “mappazzone”, come direbbe il Bruno Barbieri di MasterChef: 75%.

Per andare sul sicuro c’è il menù stagionale, che per questa primavera/estate propone una pizza che sfida il solleone: fonduta di Parmigiano Reggiano, melanzane e pomodorini confit, nocciola piemontese e basilico.

11. Menchetti – Arezzo

menchetti

Un panificio storico che per l’impasto senza sale, come da tradizione toscana (ma il termine sciapo non si addice a questa pizza) usa due lievitazioni: lenta e con lievito madre, in entrambi i casi seguono 4/5 ore di riposo a pasta spezzata.

La famiglia Menchetti, che produce lieviti dal 1948, ha più punti vendita in città. Il grano verna (varietà toscana molto saporita) e l’olio evo sono prodotti in proprio, la pizza da non perdere è con i porcini e il prosciutto crudo.

10. Il Pizzicotto – Lecce

il pizzicotto

C’è poco da stupirsi per l’impiego in una pizzeria al taglio leccese (in realtà i negozi sono due, in via degli Ammirati 14/D e in via Zanardelli 48) della stracciatella.

Ma che si porti in auge il gorgonzola, presenza costante dell’enorme lavagna, questo sì è abbastanza insolito. Un esempio? La quattro formaggi e noci, nella foto. Del resto, Stefano Mele non conosce solo le proprie radici: il mestiere l’ha imparato in Belgio.

Lievito di birra nell’impasto e una teglia da provare su tutte: pancetta, cipolla rossa e zafferano.

09. O’ fiore mio – Bologna

O FIORE MIO

Spin-off bolognese della casa madre che si trova a Faenza, e che ha già figliato un locale balneare a Milano Marittima, O’ Fiore Mio riesce nell’impresa ardua di rendere appetibili anche le proposte vegane. È il caso della pizza romana della foto: 40×60 centimetri con crema di ceci, lenticchie, pomodorini essicati e prezzemolo fresco.

Di ordinario la sede di Bologna, sottotitolo Pizze di Strada, non ha niente. A partire dalle farine: qui si usano anche farro, kamut e grani antichi come il Triticum Monococcum (piccolo farro o monococco).

Tra i topping da segnalare l’odoroso terzetto cavolfiore, aglio, taleggio DOP e la coppa di testa (ottenuta dalla testa del maiale e da tutte le ossa scartate dalla macellazione). Gagliardi.

08. Fratelli Valle – Roseto degli Abruzzi (TE)

fratelli valle

Valerio e Luca Valle, specializzati in una pizza in teglia bassa e croccante, rappresentano il riferimento abruzzese di questa lista.

Riescono a stupire perfino con la più scontata coppia della non cucina: melone e prosciutto crudo San Daniele, sbattendola sulla pala. Buon segno.

Sarà che sono bravi, sarà la farina semintegrale numero 1, ma la fragranza si apprezza anche nelle versioni più semplici, con pomodoro e acciughina. Voi comunque ricordatevi di chiedere la pizza con il salame al Montepulciano.

07. Da Neo – Gambettola (Forlì-Cesena)

da neo

Cavolo nero con pancetta arrotolata e formaggio di fossa di Talamello: Marco Farabegoli deve aver visitato un negozio per nerd di formaggi prima di farcire le pizza in teglia alla romana con combinazioni del genere.

Dal 2008, da quando cioè ha aperto la pizzeria, Farabegoli usa in prevalenza ingredienti locali tipo castagne dell’Appennino tosco-emiliano, lardo di Castelluccio e farine macinate a pietra.

06. Pizza & Birra – Bussolengo (VR)

Ci trovate impasti a lievitazione spontanea (innescata dagli enzimi della farina a una temperatura compresa tra i 28 e i 30 gradi, con la sola aggiunta di acqua) e la possibilità di farcire al momento la pizza, secondo la combinazione preferita.

Ma trovate anche la versione con lievito madre, sormontata come tutte le teglie di Pizza & Birra da ottimi ingredienti minuziosamente scelti e preparati, tra olive taggiasche e verdure à la julienne.

05. Pizza 120 – Roma

120

Dev’esserci un gemellaggio segreto Roma – Cossano Belbo (CN). Perché le farine Mulino Marino non hanno sedotto soltanto Gabriele Bonci (arriva anche lui, non vi preoccupate), non a caso cittadino onorario del paesino piemontese.

Un altro maestro della pizza (gourmet) da vetrinetta appannata ne ha fatto tesoro. Alvaro Paganelli: predilezione per il grano Khorasan Kamut, buona scelta di birre artiginali e guarnizioni degne del migliore cibo di strada che nella capitale si è fatto trend topic: in particolare fiori di zucca e alici. Invece della mozzarella qui c’è la burrata di bufala.

04. Oliva Pizzamore – Acri (CS)

oliva pizzamore

Un altro Marino addicted (nel senso di Mulino Marino) è Antonio Oliva, che fa arrivare dalle Langhe la farina macinata a pietra fino in Calabria pur di ottenere l’impasto soffice e la crosta che lo caratterizza, degna di un pane perfetto.

Farciture grossolane che mettono allegria: se ci passate rendete onore alla cipolla di Tropea e lasciatevi andare con la stracciata di peperoni. A patto di trovarle perché per Oliva la stagionalità è un must inderogabile.

03. Angelo E Simonetta – Roma

angelo e simonetta

Capostipite della pizza in teglia alla romana, Angelo Iezzi è destinatario del pellegrinaggio di ogni aspirante pizzaiolo che voglia cimentarsi con la pizza romana. Negli anni Ottanta è stato il primo a mettere in teglia un impasto che non fosse pronto nel tempo di un pit-stop in Formula 1.

Di quegli anni, da Angelo e Simonetta, è rimasto l’alone delle creme tartufate e dei gamberi in salsa rosa. Ma Iezzi è perdonato in nome dell’alleanza croccante/soffice a cui tutti aspiriamo, che col grasso/speziato della porchetta (celebre abbinamento della casa) è la morte sua.

02. Saporè – Verona

sapore verona

La nostra salita verso la nobiltà della pizza al taglio ha quasi raggiunto la vetta e non si può non citare Renato Bosco. Pizzaiolo fattosi brand (firma pandori e composte di frutta, il suo pizzacaffè La torre, in pieno centro a Verona, occupa la torre medievale di Via Scipione Maffei), ha iniziato con la pizza in teglia alla romana.

Saporé è dislocato in due locali: quello per l’asporto, in via Ponte 55, e la sala degustazione accanto (al civico 53).

Qui, limitandosi alla pizza al taglio, si trovano crunch (croccante in teglia), doppio crunch (crunch imbottita) e pizza alla pala. Piace per una combinazione di fattori: alveolatura perfetta e ingredienti che appagano il gusto dei gourmet, dal Parmigiano Reggiano stagionato 24 mesi alla mozzarella di riso che strizza l’occhio anche ai vegani.

01. Pizzarium – Roma

bonci

Sì, siamo prevedibili come il biscottino alla cannella insieme al caffè. Ma diteci, Pizzarium non merita forse il primato?

Questo è il posto dalle dimensioni inversamente proporzionali alla notorietà in cui Gabriele Bonci ha edificato la sua leggenda. Dal 2011, anno dell’apertura, ne sono passati di tranci in forno: il locale si è allargato, sono nati il Panificio Bonci (grande pizza anche lì) e diverse collaborazioni: Open Baladin Roma, NO AU, La pizza del teatro di piazza s.Simeone (sempre a Roma) e quella con l’altra rockstar della pizza, ma rotonda e verace, Gino Sorbillo.

E’ arrivata anche la tv con La Prova del Cuoco di Antonella Clerici, e Gabriele è diventato l’amato/odiato Bonci, che quando lo si critica non si capisce se è per invidia o eccesso di zelo.

[Crediti | La foto-copertina è di Lynn Chaya]