Chiara Ferragni e i nodi del (food) blogger che vengono al pettine

Ho nostalgia di quando non tiravamo sul prezzo. Di quando, piccole e nere ma orgogliose, scandivamo in pubblico: “chiamatemi-blogger“. Ma è solo un momento. Oggi sono alte, filiformi, bionde e con la messa in piega sempre in piega. Tipo Chiara Ferragni, 23 anni, bocconiana, una che con il suo “The Blond Salad” è diventata la fashion blogger più seguita d’Italia.

Una It-Girl che, malgrado i molti detrattori, ormai detta legge nel mondo della moda, mica fa semplicemente la modella. Un “caso”, come scrivono i giornali per segnalare che i giovani non sono tutti sfigati o bamboccioni. Una ragazza che si è fatta col blog, e che diamine!

Eppure.

Eppure, ieri, Repubblica ha lanciato contro la signorina Ferragni una perfida e invidiosa stilettata degna di un tacco Louboutin. E senza neanche nominarla:

“La scorsa settimana, il marchio di abbigliamento Stefanel ha invitato a Milano un gruppo di blogger da tutto il mondo per promuovere la nuova collezione, in un evento esclusivamente dedicato a loro. Nella schiera, però, mancava il nome di una delle più famose in Italia. Secondo alcune indiscrezioni, infatti, la nuova “star” interverrebbe agli eventi soltanto dietro un compenso a quattro zeri”.

Sembra che la stessa Chiara Ferragni, forte del ventaglio di inviti che riceve per le principali sfilate, non gradisca più essere chiamata “blogger”. Insomma, in psicologia spicciola, la vecchia storia del figlio che uccide il genitore.

Ora, cari foodblogger, non tirate un sospiro di sollievo, il discorsetto vale anche per voi.

Dice sempre Repubblica, fin dal titolo, che “i nodi del blogger vengono al pettine”. E rincara la dose: senza la “garanzia” di un Ordine dei giornalisti o di un editore, che tipo di informazione producono i blogger? Chi e cosa garantisce la loro autonomia? Ce l’ha anche con chi si fa pagare una ricetta dai 100 ai 500 € (inserendo all’interno il nome del prodotto), o riceve un “gettone” per promuovere un contest nel suo blog, o ancora, riceve dalle aziende fiotti di prodotti. E tutto senza segnalare nulla.

Qui però, se permetttete, viene spontaneo chiedersi che senso abbia la tosta reprimenda anti-blogger di Repubblica. Chi può scagliare la prima pietra, forse i giornalisti iscritti all’Albo?

In questi anni, il doppio ruolo di blogger e giornalista professionista mi ha consentito di vedere eque distribuzioni di viaggi stampa e pezzi di parmigiano. O meglio, c’è una gerarchia da rispettare, i primi vanno ai giornalisti, il formaggio ai blogger. E’ così che funziona nel mondo del cibo. Se oggi spuntano come funghi pranzi e viaggi per soli blogger le giornaliste, per carità, non facciano le verginelle. Prime tra tutte quelle della moda, destinatarie di costose coccole gratuite da parte degli stilisti.

Repubblica agita lo spettro dei blogger che battono cassa. Ribalto la frittata, perché non dovrebbero farlo, nella moda come nel cibo? Se sono le buone idee a vendere i prodotti, sotto a chi tocca, a patto di fare tutto alla luce del sole.

O siamo ancora a giornalisti contro blogger? Essù?