Pata Negra. Una guida al prosciutto più caro del mondo

Il prosciutto più caro del mondo

E’ ufficiale, da oggi il prosciutto più caro del mondo esiste. Trattasi di sette chili di maiale nero spagnolo allevato in Extremadura, venduti a 1.800 sterline da Selfridges, a Londra. Per costare tanto, le zampe, che provengono da maiali selezionati dall’esperto Manuel Moldonado, alimentati con una selezione speciale di ghiande, sono state trattate per tre anni. Ora, cari piccoli lettori, abbiamo davanti due strade. O puntiamo sul diffuso carattere nazionale del genio incompreso, gridando che l’Italia trabocca di prosciutti migliori di questo. O proviamo a conoscere il jamón ibérico.

Il Jamon Iberico

Il numero di prosciutti prodotti in Spagna ogni anno è impressionante: 40 milioni. Comprese varietà pregiate del celebre “jamón serrano”, ricavato dalle zampe del maiale bianco che proviene dalle regioni del Teruel e del Trévelez, nella Spagna dell’est. Ma bisogna guardare a ovest per trovare il migliore jamón. A un ecosistema di pascoli punteggiati di querce presente in acune regioni: Salamanca, Extremadura e Andalusia.

E’ qui che, nutrendosi delle dolci ghiande (bellota) cadute dagli alberi, i maiali neri iberici diventano “Pata Negra”, il nomignolo che ha reso famoso nel mondo il “porco di razza Alentejana”, tipicamente grasso ma con le zampe sottili. La Spagna tutela la produzione più di ogni altro cibo. La denominazione di origine copre 4 regioni. A nord, la Salamanca e la città di Guijuelo, la patria di Joselito, senza dubbio il marchio di prosciutto spagnolo più famoso nel mondo.

Un esemplare di Pata Negra

A Est, la provincia di Huelva e in particolare la città di Jabugo. Dove la denominazione è la meno-conosciuta: “Valle de Los Pedroches”, e infine, ai confini con l’Andalusia, l’Extremadura. Ognuna di queste regioni sostiene che il suo prosciutto sia il migliore, naturalmente, ma le norme che regolano la produzione sono le stesse, e per i palati poco allenati il risultato finale è indistinguibibile.

La dieta dei giovani maiali iberici comprende cereali e ghiande. Il peso che devono raggiungere per avere diritto all’ambìto titolo di “jamón ibérico de bellota” è di 160 chili. Le regole sono molto precise. Esempio: per essere sicuri che ogni maiale mangi la quantità di cibo richiesto (tra i 6 e i 7 chili di ghiande al giorno), non possono essere allevati più di due maiali per ettaro. Le ghiande delle querce sono ricche di acido oleico, la stessa sostanza chimica presente nelle olive. Il gusto si fa strada nel grasso degli animali, al punto che gli spagnoli chiamano i maiali iberici: “olive con le zampe”.

Lo "scrollo" delle ghiande dalle querce

La macellazione è fatta in modo da procurare ai maiali meno stress possibile. Solo se ogni regola è stata seguita il prosciutto può fregiarsi del marchio jamón ibérico “de bellota”, altrimenti, sarà semplicemente jamón ibérico. Anche la fase della stagionatura è importante. Appena pronte, le zampe anteriori (“paletas”), e quelle inferiori (“jamones”), sono conservate in frigo fino al giorno successivo e ricoperte di sale marino dell’Andalusia. Vengono poi lavate e appese ad asciugare. La parte finale della stagionatura può durare fino a tre anni, dopodiché i prosciutti sono pronti per la vendita.

I risultati di questo viaggio lungo 5 anni, dai pascoli ai piatti, è incomparabile. L’acido oleico delle ghiande mangiate dai maiali rende l’assaggio del grasso un’esperienza magica. Letteralmente, si scioglie in bocca. Un sapore profondo e duraturo esaltato dal giusto bicchiere di vino. Prima o poi, italianisti o meno, lo jamón ibérico e i suoi prodotti devono essere provati.

Immagini: Guardian