Fritti di Carnevale: pastella, impanatura, infarinatura

Arriva Carnevale, serve una guida completa alla preparazione dei dolci fritti: frittelle, castagnole, chiacchiere e tortelli. Cominciamo dall'esterno, ricette e metodi per infarinare, impanare e fare la pastella

Fritti di Carnevale: pastella, impanatura, infarinatura

È in arrivo la festa del fritto. Trainate da frittelle, castagnole, chiacchiere, tortelli e mille altri dolci tipici del Carnevale, le nostre cucine si stanno per trasformare in friggitorie casalinghe in cui qualunque cibo merita di finire nell’olio bollente.

Le regole del fritto perfetto sono tante e coinvolgono la scelta degli ingredienti, la qualità del grasso, le temperature e le tecniche. A partire da cosa decidiamo di mettere all’esterno.

Posto che non hanno bisogno di involucri gli impasti di frittelle salate, pizzelle, gnocco fritto e simili, per tutti gli altri ci vuole una barriera fra il cibo e l’olio: il rivestimento protegge l’alimento dalle alte temperature e, diventando croccante e dorato, regala al fritto le sue caratteristiche più peculiari.

1. Infarinare

farina

Il modo più semplice di avvolgere i cibi da friggere è un velo di farina, indicata per i cibi umidi, ai quali si attacca facilmente, e dalla frittura rapida.

Ha il vantaggio di non alterare il gusto dell’alimento e può essere di vari tipi.

La farina bianca è perfetta per julienne di verdure tenere (zucchine, cipolle, porri).

Per il pesce, il classico fritto di paranza, la semola di grano duro garantisce un irresistibile effetto crunchy. Ancora più accentuato se provate a usare farina di riso o di mais macinata fine, la cosiddetta fioretto.

La farina di mais è ottima anche combinata all’uovo, come nella panatura (vedi punto 3): così si fanno, per esempio, i pomodori verdi fritti del celebre film. Da provare: quella per polenta a cottura rapida.

2. Pastellare

pastella

Per fritti più strutturati, e dalla cottura più lunga, occorre la pastella. Anche in questo caso, la base principale è uno sfarinato, poi diluito con un liquido.

La più classica e versatile è di farina e acqua, adatta un po’ a tutto e ottima, secondo me, con le foglie: da quelle di salvia a quelle di shiso.

L’aggiunta dell’uovo intero deve essere ponderata con attenzione: il suo gusto, fatalmente, si sentirà e occorre tenerne conto con il pesce e gli ortaggi più delicati, il cui sapore verrebbe coperto.

Interessante l’aggiunta del solo albume, montato a neve, per fritti soffiati e piuttosto golosi.

Questa variante è adottata anche in alcune versioni di pastella per tempura, tecnica dalla quale possiamo imparare altri trucchetti.

Il più importante è che il composto sia il più freddo possibile e per questo si possono aggiungere alcuni cubetti di ghiaccio: lo shock termico fra la temperatura della pastella e quella del grasso renderà il fritto molto croccante.

La seconda cosa che ci insegna questa tecnica è che la presenza di aria nella pastella rende il fritto gonfio e leggero.
Oltre che con l’albume a neve, questo effetto si può ottenere diluendo la base con acqua frizzante, appena tolta dal frigo, oppure con la birra: attenzione che sia una birra leggera nel gusto, a meno di non volerne ritrovare gli aromi del fritto – che può anche piacere, eh!

Questione consistenza: la buona pastella deve essere fluida, per velare solo leggermente, ma non abbastanza da scivolare via. È, purtroppo, solo questione di occhio ed esperienza.

Se al momento di tuffare un “sample” nel vostro olio vedete che la pastella se ne corre in tutte le direzioni, lasciando il cibo nudo, aggiungete farina. Se, all’assaggio, è gnucca e panosa, diluite con un po’ d’acqua.

3. Impanare

panatura

La panatura è la terza via, prediletta dalla carne, dai tranci di pesce e in genere dagli alimenti più sodi, dalla cottura lunga durante la quale devono essere ben protetti.

Per questa sua funzione protettiva è adatta anche a quelli molto delicati, come le crocchette e i formaggi, che devono essere ben racchiusi per non colare ovunque quando iniziano a fondere.

Due le fasi: il passaggio nell’uovo e quello nel pane. Può essere preceduta da una leggera infarinatura che aiuterà l’uovo ad aderire meglio.

Capitolo pangrattato. Quello che si acquista pronto sarà anche comodo da tenere in dispensa, ma è poco saporito e molto fine, mentre una macinatura più grossolana dà effetti più interessanti.

Ottima invece l’abitudine di grattugiare in casa il pane secco e scoprire le differenze, per esempio, fra un pangrattato integrale e uno di grano duro.
Da provare la versione con mollica di pane fresco passata al mixer, che dà una panatura piuttosto leggera.

Poi, liberissimi di mescolare al pane qualunque altra cosa croccante, dai semi di sesamo alle mandorle tritate.
Solo, per favore, evitate i corn flakes, promesso?

Concludo dichiarando qui e ora che sono contraria alla doppia panatura che, prevedendo due strati di uovo, dà una crosta dura, un effetto nugget preconfezionato dove alla fine il cibo perde di importanza rispetto all’involucro.
Ma ammetto che è un mio gusto personale.

Interessante, invece, la tecnica mista con la pastellatura: un composto di acqua e farina molto fluido con cui velare l’alimento prima di impanarlo. Zero gusto d’uovo e involucro perfettamente aderente.

E voi, quali trucchi adoperate infarinando, pastellando, impanando il vostro cibo da friggere?

[Crediti | Immagini: bonappétit, epicurious, christinascucina, arthurfamilychronicles]