Hamburger fatto in casa senza errori: la rivincita dei nerd

Hamburger fatto in casa senza errori: come gestire ogni fase, dal pane alla carne agli altri ingredienti

Hamburger fatto in casa senza errori: la rivincita dei nerd

Da cibo proibito a icona sexy, da junk food a comfort food, da quarta scelta al podio.

Nell’ultimo decennio l’ascesa dell’hamburger è stata inarrestabile, vorace e demoniaca. Tra versioni veg, street food, gourmet, bio, fusion più altri paroloni trendy e accattivanti, spopola ovunque.

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Ma nonostante l’opprimente invasione, vi assicuro che progettare da zero la vostra versione domestica è una delle cose più belle, appaganti e goliardiche di questo mondo.

Motivo sufficiente per aprire un nuovo capitolo della nostra rubrica “La rivincita dei nerd”.

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Carne? Quale carne?

Vi ho visto, non fate finta di nulla.

Siete al supermercato davanti al banco della carne e non sapendo che pesci pigliare vi buttate sugli hamburger già pronti o sul trito in vaschetta.

Nessun delitto, chiariamoci, ma una buona trita (preparata dal macellaio o da voi stessi) vi porta direttamente su un altro pianeta.

E poi, siete davvero confidenti sul metodo di conservazione utilizzato nel reparto?

Facciamo un breve riassunto delle linee guida da seguire.

Parlando di manzo, l’equilibrio perfetto si attesta sull’80% di parte magra e ricca di collagene e il 20% di parte grassa, proporzioni che consentono di bilanciare sapore, consistenza, gestibilità e succulenza.

Un macellaio serio non avrà remore a darvi questi dati sulla trita che sta preparando, nel caso abbiate particolare confidenza potete farvi macinare qualche taglio specifico che rispetti questi canoni: punta di petto, reale, polpa di pancia, o una combinazione dei tre.

Last but not least, se la carne è di ottima qualità è preferibile trattarla come una bistecca, evitando di aggiungere uova, parmigiano, olio, pangrattato, salse e altri elementi superflui.

Non temete: una giusta percentuale di grasso e collagene nell’impasto saranno sufficienti per tenere insieme la polpetta.

Il bun (?!?)

Non ci pensate nemmeno a infilare quel ben di Dio appena tritato tra due fette di cartapesta.

Al primo morso vi ritrovereste con il panino (bun in inglese) sfracellato, la polpetta in una mano, la verdura nell’altra e un miscuglio di salsa e formaggio tra camicia e pantaloni.

Attenzione, non sto dicendo di non sporcarvi, sarebbe eticamente scorretto e praticamente impossibile, ma l’importanza del bun è spesso erroneamente sottovalutata.

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Non si tratta infatti di un semplice contenitore nel quale racchiudere i protagonisti del piatto. Provate a pensarci, qual è l’obiettivo da raggiungere per l’hamburger perfetto?

Un insieme di ingredienti armonioso ed equilibrato, per sapore e consistenza, e che consenta di recuperare le singole sfumature in ogni singolo morso.

Un buon bun deve quindi avere struttura senza ostacolare il morso, deve essere morbido, leggero e dal gusto lieve, che non opprima o sovrasti gli allegri compari.

Gira e rigira, nulla soddisfa i requisiti più di un brioche bun fatto a regola d’arte. Chissà, può darsi che valga addirittura la pena di farne un capitolo a parte.

Quali ingredienti?

Equilibrio di sapori e consistenze abbiamo detto. Si okay, ma che significa?

Prendete per buona una regola fondamentale in cucina: la ragione sta sempre dalla parte del morso.

Può sembrare banale, ma non lo è; chi vi scrive ha letteralmente sbranato centinaia di hamburger e pochi sono quelli che hanno rispettato questo semplice dettame.

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L’obiettivo da raggiungere è un insieme strutturato, che non si sfaldi al primo tocco, che rimanga compatto fino all’ultima addentata, e che ad ogni morso vi faccia assaporare la verticale di sapori e consistenze che avete progettato.

Evitate di sovracaricare il tutto, tostate il pane per scongiurare l’effetto straccio con i succhi, prevedete almeno un ingrediente morbido e uno croccante, studiate i contrasti di sapore per non stancare il palato e preservate la qualità e il sapore originale di tutti gli elementi.

Una corretta linea guida potrebbe essere la seguente, dal basso verso l’alto: base, ingrediente morbido, carne, formaggio, ingrediente croccante, salsa, corona.

Posizionare un ingrediente tra carne e pane impedisce di lavare eccessivamente la base, ed è sempre preferibile il morbido per evitare che il croccante perda friabilità.

Appoggiare elementi di piccolo taglio o che si frantumerebbero al morso sopra al formaggio fuso è poi un’ottima idea per evitare di perdere una componente dell’insieme.

Se puntate su una stracciatella, una burrata o uno spalmabile, la salsa potrebbe essere un elemento superfluo.

La cottura della carne

Con il dito, il palmo, sotto il labbro, due minuti da una parte, o forse tre, poi in piedi, su la testa, dietro il collo, fai un giro, avanti un altro, su le mani.

Le leggende sulla misurazione del grado di cottura si perdono nella notte dei tempi.

Mettetevi in testa che niente risulterà più empirico di un termometro a sonda istantaneo da una decina di euro, recuperabile ovunque.

Tipologia dell’animale, modalità di allevamento, frollatura, taglio scelto per il trito, quantità di grasso e magro effettive, conservazione, temperatura e umidità esterne, sono tutti fattori che influiscono pesantemente sui tempi di cottura e sulla consistenza finale, impedendo quindi ai metodi canonici (o “della nonna” che dir si voglia) una misurazione univocamente accettabile.

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Pensateci un attimo: dopo tutta la fatica fatta per prepararvi da soli il pane, selezionare e tritare i tagli e scegliere gli ingredienti, sbagliate completamente cottura servendo al vostro partner una ciabatta anziché un succulento hamburger al sangue.

Son cose che mandano in crisi una relazione.

Fissate tre numeri: 52 °C per una cottura al sangue, 62 °C per una media, 72 °C per la carne ben cotta. Scongiurato qualsiasi problema.

Ah, e state sereni, per un buchino di qualche millimetro nessuna polpetta ha mai perso valanghe di liquidi diventando immediatamente asciutta.

Padella, griglia o piastra?

Il vostro obiettivo è una crosticina saporita, uniforme su tutta la superficie dell’hamburger. Per questo motivo la miglior soluzione è una padella o una piastra in ghisa, che distribuendo equamente il calore su tutto il piano vi garantisca un risultato ottimale.

In questo modo il godimento sarà assicurato ad ogni singolo morso.

Come scopriremo domani nel secondo episodio settimanale de “La rivincita dei nerd”, dove troverete la ricetta per l’hamburger fatto in casa a prova di secchione.

A domani.