Panforte: la ricetta perfetta

La ricetta perfetta di questa settimana si occupa di panforte. Al solito passiamo in rassegna le ricette più note, in particolare quella di Giuseppe Oberosler, Giovanni Righi Parenti e Anna Del Conte. E poi ingredienti, dosi, preparazione e foto passo passo

Panforte: la ricetta perfetta

Ti aspetti la ricetta perfetta del Panforte? Una di quelle senza se e senza ma? Dopotutto tu non sei tipo da incipit mielosi del tipo “Sotto Natale è facile aver voglia di qualcosa di dolce e di tradizionale. Molti, se non tutti, ci ricordiamo-oltre che degli onnipresenti Panettoni e Pandori- anche di dolci come il Panforte”.

Tu sei un lettore di Dissapore, curioso e arguto. Tento quindi di stupirti con il più vecchio dei trucchi: il dubbio.

Sai già che voglio portarti a Siena per colpa del Panforte (o Panpepato?). Già sai che di mezzo ci sono spezie e canditi.

Come posso giocare col dubbio se c’è una pergamena che attesta l’esistenza del Panforte dal 1205 e una tradizione che vuole che sia stata la monaca Berta (o Leta?) a prepararlo per prima?

Di Panis Fortis

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Ti è facile dire che il Panforte è Panis Fortis. Se avessi dei principi, ti lascerei nella tua convinzione che è un pane forte, quando so che in realtà era un pane acido, da Fortis. Infatti, nel Monastero di Montecellesi gli ingredienti che venivano impastati erano farina, acqua, fichi, uva, miele e spezie.

Quindi, se quel Panem Fortis non veniva subito mangiato, correva il rischio di inacidirsi.

Ti è rimasto il dubbio se ad impastare fu Suor Berta o Leta?

Suor Leta impastò gli ingredienti. Poi passò un gatto nero, nero, nero. Fu scambiato per il demonio e con monacale calma gli fu lanciato addosso l’impasto caldo. Accorse allora la Madre Badessa, tal Suor Berta, che per umana debolezza non poté che assaggiare il primo Panis Fortis della storia.

Sii lo speziale di te stesso

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Il Panforte fu subito classificato tra i Panes melatos et pepato.

Ma un Panforte, impastato anche fuori Siena, quali spezie deve avere? Se una foodblogger toscana e affidabile come Jul’s Kitchen, ammette che ogni speziale ha la sua miscela per il panforte, tu lettore di Dissapore di quali spezie hai bisogno?

Punta sulle classiche come cannella, chiodi di garofano, zenzero. Non disdegnare neppure il coriandolo, il macis e la noce moscata. Ci vorrebbe dell’anice. Se di fretta vai, accontentati pure delle miscele natalizie come quelle per il francese Pan d’Epice o i Rococò.

Sì, hai letto bene.

I napoletani biscotti Rococò hanno un pisto, alias miscela di aromi, che può fare al caso tuo data anche la presenza diffusa della vaniglia e dell’arancia.

Sii lo speziale di te stesso. Con le spezie in mano, puoi partire dalle dosi classiche di Jul’s Kitchen e adattarle ai gusti più o meno speziati di chi addenterà il tuo Panforte.

Candito nero di popone: conoscilo

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Se lo conosci lo eviti, ma vale anche lo stesso per il candito nero?

Questo è un dubbio che mi assale e che non se ne va. Da quando, leggendo la foodblogger giappo-australiana-toscana Emiko Davies, ho scoperto che il Panforte non si ferma all’arancia e al cedro candito, ho voglia di lui: il misterioso candito nero di popone, alias melone nero candito.

Gli speziali a cui si rivolse Emiko Davies non la seppero mettere sulla strada per il più dark dei canditi. Molti per darsi un tono citano semplicemente il melone candito tra gli ingredienti.

Giuseppe Oberosler, l’autore de Il Tesoretto della Cucina Italiana, ha la pazienza di stare a spiegare, in talune edizioni, come da un melone maturo si ottiene un candito. Ovviamente ci vuole cura nel selezionare la parte dura del melone che se ne sta attaccata alla buccia prima di procedere con la “candidatura”.

Che fine avrà fatto il nero del popone? Quali meloni venivano coltivati nella piana di Rosia, non lontana da Siena?

Per non passare la vita immersi nel dubbio, tu punta al candito perfetto, che sia d’arancia o cedro. Niente canditi venduti già tagliati a dadini e costipati in piccoli contenitori di plastica. Cerca nella tua zona chi ha i migliori canditi venduti a peso o impara a farli. Il Panforte te ne sarà grato.

E ricorda, tutto questo ti porterà al punto G del Panforte (punto G? Continua a leggere).

Alla fine arrivò Margherita

Come posso continuare ad insinuarti il dubbio che questa non sia la ricetta perfetta?

Posso giocare col gioco delle tre carte: Panforte, Panpepato e Panforte Margherita. Ne ho lette sul Panforte. C’è chi chiamata Panpepato il Panforte più speziato ed arricchito col cacao ed il pepe.

Ma c’è anche chi chiama panpepato la ricetta (quasi) originale col popone ma anche con mandorle, noci, miele e molte spezie.

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Mentre decisamente tutti sono d’accordo sul Panforte donato alla Regina Margherita di Savoia durante il palio dell’agosto del 1879 da un mastro speziale, quale Galgano Parenti.

Per la regina solo zucchero raffinato, canditi “moderni”, spezie garbate e quell’impalpabile strato di zucchero a velo superiore come ultimo tocco di stile.

Ed ecco che il Panforte Margherita declassa i suoi predecessori a base di comune miele, volgare pepe e melone al livello di Panforte nero o “Pampepato” (alias Panpepato).

Piccoli dubbi finali sul Panforte

Eccoci agli ultimi scampoli di dubbi.

Solo le mandorle finiscono nel Panforte o anche altra frutta secca può essere panfortizzata?

Anna Del Conte, la milanese che spiega la cucina italiana agli inglesi, in Italian Kitchen, dopo aver citato Dante Alighieri, dentro il Panforte usa sia noci che nocciole, oltre che le mandorle. Ogni cosa è lecita quando c’è una dispensa da svuotare o una ricetta che ha secoli sulle spalle.

Le mandorle sono da pelare? Secondo Jul’s Kitchen e l’opinione più diffusa no, secondo Emiko Davies sì.

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Perché David Lebovitz, chef e foodwriter, e pure Anna Del Conte, cadono sul limone candito?

Semplice, perché l’assenza del popone nero si fa sentire. Scherzi a parte, nel panforte Margherita il limone fu inserito da Galgano Parenti. Dopotutto per tradizione un panforte dovrebbe avere 17 ingredienti come le contrade del Palio di Siena.

Insomma, non esiste solo Giovanni Righi Parenti a oggi additato come la fonte più affidabile per la ricetta del Panforte e di altre della cucina senese.

Dopotutto la storia ha visto anche il Panforte al cioccolato (sempre creato nel 1820 dalla fabbrica Parenti e sempre dedicato alle donne), il Panforte fiorito e il poco senese Panforte con castagne e persino datteri. Mentre, per quanto riguarda i fichi, essi continuano a comparire nei Panforti (o Panpepati?).

Quanto duro deve essere un Panis Fortis? La ricetta perfetta che trovi qui viene da Jul’s Kitchen e vuole un Panforte moderatamente duro (dopotutto ci sono le mandorle). Inoltre, una ricetta così ti libera anche dall’ingombro del termometro, puntando ad uno sciroppo – a base di miele e zucchero a velo – che si regola ad occhio, come Suor Leta seppe fare.

Ed ora pronto a trovare il punto G del Panforte?

Per le dimensioni (sì, contano pure quelle) prepara uno stampo a cerniera apribile di 18-20 cm per un panforte alto come quello delle fotografie. Oppure uno stampo da 22-24 cm per uno più basso. Con le stesse dosi puoi anche fare 3 Panforti bassi di 12 cm di diametro ciascuno.

Ingredienti

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350 grammi di tra mandorle con la pelle
100 grammi di scorza di arancia candita
100 grammi di scorza di cedro candita
150 grammi di farina di forza tipo 0 (o manitoba)

10 grammi di miscela di spezie, che può essere composta da:
la punta di un cucchiaino di noce moscata in polvere
la punta di un cucchiaino di chiodi di garofano in polvere
la punta di un cucchiaino di coriandolo in polvere
la punta di un cucchiaino di zenzero
1 cucchiaino di cannella in polvere
ma anche macis, anice etc.

150 grammi di miele millefiori o d’arancia
150 grammi di zucchero a velo
4 cucchiai d’acqua (circa 25-30 grammi)
1 ostia alimentare per il fondo del Panforte (eventuale)

Per decorare:
abbondante zucchero a velo (30-40 grammi)

Preparazione

Per preparare la ricetta del panforte perfetta, preparare prima di tutto lo stampo. Io, per praticità, consiglio di rivestire lo stampo a cerniera apribile con la carta forno.

Rivestito lo stampo, porre sul fondo l’eventuale ostia. Mi piace porre sul fondo anche un’ostia più piccola dello stampo per rispettare la tradizione. Lo scopo dell’ostia è anche pratico (in assenza della carta forno) dato che permette di staccare più agevolmente il panforte.

Preriscaldare il forno a 180°C.
Tostare nel forno caldo a 180°C le mandorle per pochi minuti.

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Tagliare a pezzettini le scorze di arancia e di cedro canditi.
In una ciotola mescolare assieme la farina di forza, le spezie, i pezzetti di scorze candite e le mandorle tostate.
Si possono e devono usare le mani (pulite, senza dubbio) per mescolare il tutto.

E’ tempo di preparare lo sciroppo.
In un pentolino versare il miele, l’acqua ed unire lo zucchero a velo.
Mescolare il tutto su fuoco basso.
Pian piano si formerà uno sciroppo dal profumo invitante e dal colore quasi ambrato quando inizierà a bollire.

Versare lo sciroppo nella ciotola ed amalgamare tutti gli ingredienti.
Ecco ci siamo!

In questo passaggio, così apparentemente insignificante, si cela il punto G del Panforte.
Qui ti accorgerai che sei (quasi) arrivato alla meta. Qui capirai che avrai fatto il tuo dovere, o meglio che lo sciroppo di miele e zucchero a velo ce l’ha fatta. Il colore comincia a somigliare a quello del Panforte comprato a Siena (o, ammettiamolo, al supermercato).

Raggiunto il punto G e dipanato ogni dubbio, è tempo di porre il composto nello stampo e schiacciarlo con un cucchiaio o con le mani.

Far cuocere in forno caldo a 180°C per 25-35 minuti.
Io ho l’abitudine dopo 30 minuti di togliere lo stampo dal forno, privarlo della cerniera e far cuocere il Panforte ancora 5 minuti.

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Estrarre il dolce dal forno una volta cotto.
Lasciarlo raffreddare un po’ (almeno 30 minuti) e poi staccare, pian piano, la carta forno dal panforte.
Staccata la carta continuare a far raffreddare il Panforte.

Una volta completamente freddato il Panforte si segue l’esempio del Panforte Margherita.
Lo si decora con abbondante zucchero a velo.

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Sì, ora lo puoi addentare.