È giusto pagare il 20% in più se si divide un piatto al ristorante?

La Colombetta è il noto ristorante di Como dove dividere un piatto con il commensale costa il 20% in più. Secondo le titolari è lavoro aggiuntivo che merita un sovrapprezzo, ma la Confesercenti lo giudica "un brutto biglietto da visita per una città turistica"

È giusto pagare il 20% in più se si divide un piatto al ristorante?

Quante volte al ristorante avete chiesto al cameriere un piatto vuoto in più, per dividere la vostra pietanza offrendo un assaggino al partner di turno?

Bene, questo vezzo innocuo, se siete al ristorante La Colombetta di Como, vi costa otto euro.

Così è specificato a chiare lettere sul menù, e ribadito anche in inglese per non avere problemi con i turisti che visitano la città: “le pietanze da dividere costeranno il 20% in più”.

E, giusto per essere chiari, il sovrapprezzo si calcola su ogni singolo “assaggio” richiesto.

Cannavacciuolo Bistrot: sovrapprezzo Masterchef.

L’acqua per il cane nello scontrino di un bar a Treviso: 30 centesimi.

Una cosa in apparenza surreale, per l’apprezzato ristorante spesso meta dei vip di passaggio sul lago di Como, di cui la guida Michelin scrive: “Fedeli alle proprie origini, le tre sorelle titolari preparano, su prenotazione, piatti sardi che, con quelli di pesce, sono le specialità del loro elegante locale”.

Come rispondono le titolari alle comprensibili perplessità dei clienti?

Spiegando che “in un ristorante di un certo livello è assolutamente doveroso che anche il servizio sia all’altezza. Capita sempre più spesso che arrivino gruppetti di turisti, specialmente stranieri, che dopo aver ordinato magari un paio di pietanze ci chiedono altri piatti per fare degli assaggi. Questo per noi comporta del lavoro aggiuntivo. Il cameriere non lascia semplicemente i piatti sul tavolo, apparecchia in modo adeguato, dedica del tempo al servizio ed è giusto metterlo in conto”.

In pratica, l’assaggio così richiesto dagli avventori sarebbe una solenne scocciaura per i ristoratori e camerieri, costretti a un surplus di lavoro senza il corrispondente aumento dei ricavi. Ecco spiegata la trovata del “sovrapprezzo” andata di traverso a tanti clienti.

Anche al presidente di Confesercenti di Como, Claudio Cantarelli, a giudicare da come ha commentanto la vicenda: “un brutto biglietto da visita per una città che sta facendo del turismo il suo settore trainante”.

Dello stesso avviso il presidente degli chef comaschi, Cesare Chessorti che afferma di non capire “le motivazioni che potrebbero essere alla base del sovrapprezzo”.

Anche noi, per la verità, non le abbiamo capite benissimo.

[Crediti | Corriere Milano]