Ristorante InGalera: ci va anche il New York Times

Il ristorante InGalera, nel carcere di Bollate a Milano, è un progetto unico in Italia per il recupero dei detenuti. Un vero ristorante dove i prigionieri collaborano con uno chef esterno di cui parla anche il New York Times

Ristorante InGalera: ci va anche il New York Times

Non sono poi così numerose le cose che ci fanno sentire orgogliosi di essere italiani, provate a contarle. Vi aiutiamo a superare l’impasse ricordando inGalera, il ristorante nato a ottobre 2015 dentro il carcere di Bollate, a Milano, poco più di mille detenuti, noto per la politica penitenziaria che valorizza l’aspetto rieducativo della pena.

Un progetto unico in Italia, forte e ambizioso, voluto dalla cooperativa sociale ABC La sapienza in tavola e finanziato da sponsor, che ora ha attirato l’attenzione anche del New York Times.

Locali ristrutturati con l’intervento di un architetto, spazi ampi, moderni, ariosi e accoglienti, tovaglie di stoffa la sera e tovagliette di carta a mezzogiorno. Alle pareti fotografie di Fuga da Alcatraz, il film con Clint Eastwood, o che ritraggono altre carceri italiane. Si entra dalla guardiola senza lasciare il documento, basta la prenotazione.

Il ristorante del carcere più stellato d’Italia, come si definisce nel sito internet, propone una cucina dai nomi evocativi: dalle vongole fujute alle pennette 41bis, ci si diverte a ridere un po’ sulle sventure, meglio così.

Se i presupposti valgono da soli il pieno consenso, oltre ogni  appunto critico, basta poco per acclimatarsi in un vero ristorante.

ristorante ingaleraristorante ingalera

Non un classico ristorante, nota il quotidiano americano, ma un ristorante classico, capace di attirare clienti della zona e dai paesi limitrofi. Media alta su TripAdvisor, per dire: 4,5 stelle su 5 disponibili, e una spesa media di 30/35 euro.

Tra i piatti in carta al momento ci sono: tentacoli di piovra croccante con tagliatelle di verdure, risottino ai finferli, con quenelle di gelato alla robiola e erba cipollina, baccalà al vapore con crema di peperone rosso, filetto di fassona con cavolo cappuccio brasato, millefoglie di meringa e zuppetta di ananas.

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Camerieri, aiuto cuoco e lavapiatti che figurano nella brigata di sala e di cucina, sono persone interne al carcere, condannate per omicidio, rapina a mano armata, traffico di droga e altri crimini. Oltre al riscatto sociale percepiscono un salario d’ingresso pari al 65 per cento dello stipendio base, che a seconda dei ruoli va da 6/700 a 1.200 euro al mese.

Gli esterni come il maître e il gigantesco chef Ivan Manzo si amalgamano bene, per un risultato decisamente professionale.

Se volete andare InCarcere per un pranzetto informale il quick lunch  disponibile tutti i giorni prevede primo e secondo a 14 euro, coperto e caffè incluso.

[Crediti | Link: Dissapore, New York Times, immagini: New York Times]