Abbiamo mangiato la pizza di Cracco (che ringrazia tutti per la pubblicità gratis)

Milano: abbiamo provato la pizza di Cracco in Galleria che ha diviso l'Italia

Abbiamo mangiato la pizza di Cracco (che ringrazia tutti per la pubblicità gratis)

Sapete perché quando l’altro giorno siamo stati al caffè bistrot di Cracco in Galleria non abbiamo mangiato la pizza dello scandalo?

Perché, ragionevolmente, è l’ultima cosa da provare in un posto simile. Il piano terra del nuovo locale di Cracco è la versione prêt-à-porter del ristorante gastronomico che si trova al primo piano, ma pur sempre congegnata dall’ex giudice di MasterChef, non da un pizzaiolo.

[Cracco in Galleria: cosa si mangia oltre alla pizza e quanto si spende al caffè bistrot]

Scusate se ci è sembrato opportuno ordinare risotto e crudo di pesce e non il più improbabile piatto di Cracco, che è sul menu per compiacere i turisti come si usa dalle parti del Duomo, in Galleria Vittorio Emanuele nonché nelle vie limitrofe.

E per contribuire al Paese diviso, non dalle elezioni ma dalla pizza di Cracco, ci sarebbe piaciuto fare come chi l’ha degustata solo in foto: scandalizzarci o peggio indignarci perché costa troppo, è brutta e “di pizza Margherita ce n’è una sola come la mamma, non me la toccate che divento una bestia”.

Invece facciamo come chi questa “Pizza Margherita” che sembra una frisella pugliese l’ha provata e, guarda un po’, l’ha trovata buona.

Perché al caffè bistrot di Cracco in Galleria ci siamo tornati oggi, provando anche l’altra versione sul menu la “Pizza con verdure di stagione“, e verificando con i nostri occhi il risultato dell’affaire pizza modificata: i tanti clienti al piano terra del locale vogliono solo quella.

E Cracco ringrazia sentitamente per la pubblicità gratuita.

[Sfotti anche tu la pizza di Carlo Cracco]

Da due giorni Marco Pedron, pasticciere e panettiere collaboratore di Cracco, prepara senza sosta impasti per la pizza (farina Petra numero 3, farina di mas e semi di girasole, lievito madre vecchio di 85 anni, riposo di 36 ore).

Il direttore di sala rivela che ieri un passante ha chiesto indicazioni per la “pizzeria Cracco“, oggi, a inizio servizio, i 7 tavolini erano tutti occupati da clienti elettrizzati per la pizza. Alle 13.11, quando una cameriera ha annunciato la fine dell’impasto, la sala è precipitata in un cupo imbarazzo (“e adesso cosa prendiamo?”).

Ora perdonate, è il momento delle noiose note tecniche per lo zoccolo duro dei lettori di Dissapore, tutta gente fissata che queste cose le vuole sapere. Gli altri sono pregati di riprendere la lettura da “Un rimprovero l’ex giudice di MasterChef se lo merita tutto“.

[Cracco in Galleria: menu, prezzi e una domanda: perché i dolci costano tanto?]

Come notato dai tanti sui social, che evidentemente possono insegnare a Cracco come si cucina (idea interessante), la Pizza Margherita dello chef vicentino con la pizza Margherita non c’entra: se la tradizione partenopea chiede impasti sottili e morbidi, qui il disco di pasta è spesso, ben cotto e ancora lievemente umido. Lo strappo della fetta, croccante fuori e morbida all’interno, rilascia la fragranza dei cereali.

La salsa di pomodoro è dolce, mitigata dal tono acido dei pomodorini lasciati interi: abbondante, condita con un olio intenso lasciato crudo, unita alla base panosa crea un effetto puccia salentina.

La versione con le verdure di stagione aggiunge all’impasto farro monococco e segale, com’è di moda fare oggi. Gli ortaggi sono ben cotti, molto conditi, tagliati alla grossa. E grossolano è l’aspetto, con mozzarella e verdure a fettone, cornicione spesso e irregolare, semi di basilico e cerali in superficie. Potevano chiamarla pizza Flinstones.

[Cracco in Galleria: i prezzi del menu sono davvero esagerati?]

Ma che importa: siamo a Milano, e una buona pizza a sedici euro da Cracco in Galleria risponde alle leggi del mercato.

Un rimprovero l’ex giudice di MasterChef se lo merita tutto: se a furor di popolo dovrà prima o poi trasformare il caffè bistrot in pizzeria, metta sul menu qualche birra in più.

Al momento bere birra al piano terra del suo locale significa spendere 9 euro (33 cl.) o 16 euro (75 cl.) per un solo marchio: Birra Moretti. Al netto degli accordi commerciali, nel posto con una cantina che ha tra i suoi canoni la cultura del bere, una o più birre artigianali ci devono stare.