Milano: com’è andare da Aimo e Nadia in versione bistRo

Aimo e Nadia bistRo: il noto ristorante milanese due stelle Michelin ha ora una versione bistrot. Ecco menu e prezzi

Milano: com’è andare da Aimo e Nadia in versione bistRo

Bistronomia —ovvero 1) cucina stellata 2) a prezzi accessibili 3) con servizio rilassato 4) in un contesto informale— oppure bistromania, nel senso di bistronomia come soluzione ideale per tutti?

Mentre pensate cosa rispondere siamo lieti di dirvi che, come Perbellini con la Locanda, Cracco con la Segheria e Bartolini con il Mudec, anche Aimo e Nadia, nota insegna due stelle Michelin, ha ora il suo bistrot a Milano, anzi bistRo, in piena assonanza con Etro, la griffe italiana che per il locale ha studiato imbottiti e tappezzerie.

Sì, perché il fare cucina di ricerca in piccoli spazi, con piccoli menù, piccola cantina e prezzi di conseguenza, non basta più.

Arrivano allora le variazioni sul tema che in uno stellato sarebbero rischiose. Aimo e Nadia bistRo, per dire, è sì ristorante ma pure bar, cocktail bar e galleria d’arte; ci puoi fare la colazione continentale come una cenetta romantica, o altrimenti comprarti Topo Gigio vestito da direttore d’orchestra, pezzo contemporaneo che ha subito attirato la nostra attenzione.

Design e ambiente

Ha detto al Corriere della Sera Alessandro Negrini, chef insieme a Fabio Pisani di Aimo e Nadia, che il bistRo nasce da un’idea di Rossana Orlandi, la gallerista milanese che ha lanciato un impressionate numero di talenti negli ultimi anni:

”Una sera è venuta a trovarci al Luogo di Aimo e Nadia, è rimasta molto colpita dalla nostra cucina, in particolare dalla zuppa etrusca, ma ci ha anche detto che siamo troppo fuori mano, in periferia! È così ci ha proposto di fare un bistrot qui, proprio accanto al suo spazio in via Bandello, vicinissimo a S. Maria delle Grazie e il Cenacolo di Leonardo: lei ha coinvolto anche Etro, che ci ha messo la sua creatività. Ed è nata questa nuova insegna dove cucina e design convivono ma non si mischiano, restano paralleli”.

Per chi conosce Etro, lo stile è molto riconoscibile, reso ancora più ricercato da arredi e oggetti di design scelti da Rossana Orlandi, esposti mica per vezzo: (quasi) tutto quel che si vede, dai vasi sul bancone ai soprammobili del bagno, è in vendita.

Il colpo d’occhio è splendido: seduti sul divano della sala ristorante, tra le stoffe piene di paisley, classico motivo decorativo di Etro, pare di trovarsi dentro un carillon.

Gli ambienti sono tre, su due piani, ben definiti per stile e, come vuole lo schema bistrot , flessibili nella funzione. Si entra direttamente nell’area cocktail, luminosa e dai toni chiari, che comunica con la sala più misteriosa e sontuosa allo stesso tempo, verde e blu, dove si cena e si pranza.

Il piano inferiore, che si raggiunge scendendo una breve rampa di scale, è dominato da un grande tavolo in vetro. Chi sei in fondo oggi se non hai il “social table”?

Servizio

È impegnativo gestire bene le cose, al BistRo. Aperto dalle 7.30 alle 23, ha una proposta diversificata che prende il via dalla colazione con torte fatte in casa e brioche, uova e bacon o il classico all’italiana, con pane burro e marmellata.

Alle 12 inizia il servizio pranzo, con due menù separati: quello del bistrot (orari 12.00-15.00 / 19.00-23.00) e quello del bar, che fa orario continuato, fino alle 18.00.

Il vantaggio è che ci si sente liberi di bere gin-tonic a tutto-pasto, di scegliere l’ambiente più lussuoso per l’insalata della pausa pranzo senza che nessuno s’infastidisca.

Il barman controlla l’area cocktail, i camerieri si disimpegnano con qualche accorgimento: anche se il codice è lo stesso, appena più formale rispetto al classico bistrot, l’apparecchiatura dei tavoli cambia da sala a sala.

Sorprende che al momento nessuno tra i cinque cuochi impegnati in cucina venga indicato come capo-brigata. Ma, sono sempre parole dette da Alessandro Negrini al Corriere: “Leo e Niccolò —sous chef di Aimo e Nadia— suonano la stessa musica mia e di Fabio Pisani, rispetto per la tradizione e italianità”.

La cucina e tutti i piatti provati

Non a caso, il menù mostra orgoglioso la “Mappa dell’Italia” e un elenco di regioni, non di produttori, per indicare la provenienza degli ingredienti, tutti scelti con grande accuratezza. Se la carta dell’ambiente bar è ridotta (focacce, insalate e due piatti tradizionali di numero), quella del ristorante si allinea con la regola non scritta dell’osteria moderna, che prevede 3/4 scelte per portata.

Tartara di vitella, salsa tonnata e insalate di campo

Prezzo 18 euro

Il gusto rappresenta un criterio soggettivo, per questo in certi momenti si alzano inopinatamente ondate di consenso e allora esplodono i best seller. In questo momento il best seller dei bistrot stellati italiani è il vitello tonnato rivisitato, qui presente sia nel menu del ristorante che del bar, dove costa 4 euro in meno.

Quel che si paga in più dev’essere il tocco creativo: una spuma dalla consistenza impalpabile al posto della salsa tonnata densa e grezza. I sapori non sono poi così diversi.

Omaggio ad Aimo e Nadia: pappa al pomodoro e baccalà

Prezzo 15 euro

Altro tormentone dei bistrot griffati: i remake della cucina regionale italiana. Anche se per omaggiare la Pappa al pomodoro di Aimo e Nadia, inteso come il ristorante di via Montecuccoli, non ci si discosta molto dalla versione tradizionale.

L’effetto è di un piatto sovraccarico —grasso su grasso— nonostante la “pappa” che fa da base riesca a prenderci per la gola, piaciona com’è.

Risotto Carnaroli, capperi, burrata, limone e barbabietola

Prezzo 18 euro

La burrata per mantecare il risotto e la polvere disitratata di barbabietola per insaporire e coreografare un piatto a sapidità controllata, ma nel complesso più bello che buono. Intendiamoci: in questo risotto che non costa poco nulla è fuori posto, ma neanche indimenticabile.

Misticanza, pomodori essiccati, mandorle, carciofi, parmigiano

Prezzo 12 euro

C’è molta verdura nel menu, compresa la piccola proposta di cucina del bar da dove arriva questa insalata. Che bella com’è e abbordabile nel prezzo, si gioca la carta di una pausa pranzo finalmente meno mediocre. Cosa dà quel tocco in più? Gli immancabili semi, l’ananas disidratato e una rinfrescante crema di limone.

Carpaccio di ananas, biscotto di grano saraceno, gelato allo yogurt

Prezzo 9 euro

Il miglior piatto che abbiamo provato al BistRo, e non solo perché più che cucinato sembra schizzato da un designer e tessuto da Etro.

Strutture diverse —croccanti e cremose—, temperature differenti e una combinazione di sapori acidi e avvolgenti molto indovinata. Si sarebbe potuto chiamare “Crumble sbagliato”.

Aperitivo, dopocena e presto il brunch domenicale. In questi momenti sono protagonisti i cocktail che costano tutti tra i 10 e i 12 euro. Sono ricette internazionali preparate usando per lo più basi italiane.

Nella dotazione del barman abbiamo intercettato liquore Strega, amaretto di Saronno e stuoli di vermouth. Effetto vintage assicurato con appendice letteraria nei cocktail dedicati a Umberto Eco, Alda Merini e via discorrendo.

Prezzi

I prezzi sono leggermente più alti rispetto alla Locanda Perbellini, per cui avevamo scritto: “difficile uscire da un bistrot milanese con altrettanta soddisfazione se rapportata alla spesa”.

Ma l’ambito dei prezzi, compreso tra 12 e 23 euro, è giustificabile con la bellezza del posto, un po’ meno i 3,10 euro per il caffè, che al ristorante scendono a 2.

La formula “pranzo di lavoro” salva capra e cavoli: 30 euro per due piatti a scelta compresi acqua, pane e caffè. La carta dei vini piuttosto convenzionale non è ampia ma non mancano le opzioni al calice, tra i 5 e i 12 euro, compresi i vini da dessert.

Conclusioni

Aimo e Nadia bistRo va assolutamente visto. Per l’atmosfera cosmopolita, i tessuti d’arredo, il progetto d’interni curato da Rossella Orlandi, la flessibilità della formula. E perché il gin tonic sorseggiato sul divano all’ingresso può sviluppare dipendenza immediata e perpetua.

Cosa vogliamo dire con questo, che la cucina non merita? Non è così, solo che per ora, a bistrot aperto da pochi giorni, i piatti passano in secondo piano rispetto al resto. La risposta spetta a Negrini e Pisani, in assoluto due tra gli chef migliori di Milano.