Innocenti Evasioni: buono, pratico e accessibile, senza inchini all’ego dello chef

Siamo stati al ristorante Innocenti Evasioni dello chef Tommaso Arrigoni prenotando con Michelin Days, che permette di mangiare nei ristoranti stellati della Guida Michelin a prezzi scontati. Un ottimo menu di 5 portate dedicato alla tradizione milanese ci è costato 45 euro

Innocenti Evasioni: buono, pratico e accessibile, senza inchini all’ego dello chef

Cos’è Michelin Days dovreste saperlo. Ripassino per i ritardatari: Michelin Days è il sito che clicca chi desidera mangiare nei ristoranti stellati della Guida Michelin, con offerte anche del 40% circa, sempre abbinate a esperienze esclusive.

Perché dovrebbe interessarvi è presto detto: Michelin Days, partner di Dissapore, crea dipendenza.

Prendi me, per esempio. Mi sono registrata al sito (che ha da poco inaugurato la sezione hotel) un paio di settimane fa, e questa è la terza volta che approfitto delle offerte: menu specifici per i clienti; accesso al tavolo dello chef con servizio speciale; prenotazione garantita anche all’ultimo minuto e tanto altro, a seconda dalla fantasia di chi ospita.

Questa volta, per giustificare la dipendenza da *Michelin Days, mi sono detta che un menu da 5 portate a 45 euro in un ristorante stellato non capita spesso, non a Milano, almeno.

Ragione per cui ho scelto Innocenti Evasioni, ristorante stellato che gli chef Eros Picco e Tommaso Arrigoni sono riusciti a imporre in una città dove la concorrenza è diventata temibile, facendo scelte intelligenti e controtendenza.

Volete un esempio?

Scegliere un menu che rende omaggio alla tradizione milanese non significa doversi inchinare al suo ego. Lo chef (anzi gli chef in questo caso) non soffrono della sindrome masturbatoria che colpisce molti loro colleghi, non devono per forza rivedere, rivisitare, liftare piatti classici che sono perfetti così come sono solo per affermare la loro personalità.

Il ristorante è accogliente, l’atmosfera sobria (si può ancora dire?), non noto spericolate trovate decorative a parte la grande vetrata affacciata sul giardino che fa venire voglia di tornarci in estate, quando tutto quel verde non vi farà sentire pericolosamente vicini all’autostrada.

E nemmeno in città.

Si comincia con l’amuse bouche: riso venere soffiato, mousse di riso e Parmigiano, verdurine croccanti.

La prima portata è il cotechino, servito con mostarda di pere fatta “in casa”, o per meglio dire al ristorante, e purea di patate speziata. Nessuna colla Vinavil è stata maltrattata durante la produzione di questo insaccato: niente impasto colloso, saporito ma non nel senso tirannico del termine.

In bocca tutti gli elementi insieme sono una coccola invernale di fine stagione (il calendario dice che siamo ancora nella brutta stagione, e questa recensione esce con qualche settimana di colpevolissimo ritardo).

Il giudizio è quello che darebbe un bambino felicemente sorpreso: davvero buono.

Piatto simbolo della città: ecco il risotto giallo. Risotto giallo e basta, realizzato ad hoc.

Cotto alla perfezione in brodo di gallina e porri, ben mantecato, si può descrivere come un gioiellino di milanesità in purezza.

Quanto mi piace il risotto nel piatto piano, letteralmente spalmato sulla superficie, al riparo dalle botte di calore, veri incendi dolosi, con conseguente perdita delle papille.

In seconda mandata arriva l’ossobuco: carne tenera quanto il taglio consente, e osso levato dalla carne lasciata in solitaria, ricostruito con il daikon (varietà di ravanello comune nella cucina orientale) in forma di cilindro svuotato e riempito con spuma di midollo.

Proprio questa la parte che preferisco, e che avrei desiderato in quantità industriale. Una frustrazione che ho imparato a gestire negli anni, rubacchiando dai piatti degli altri i midolli abbandonati per motivi sconosciuti.

C’è un detto molto milanese (ma forse è del Nord in generale, che poi vale anche al Sud, insomma, un detto universale): “La boca l’è minga straca se la sa nò de vaca”.

Da Innocenti Evasioni lo conoscono bene.

Lo sanno, evidentemente, che mia nonna (e mio padre in linea di successione, e forse io con tutta la mia eventuale stirpe) prova piacere vero nel concedersi quel bocconcino di formaggio a fine pasto che, nei giorni fortunati, corrisponde a Lui, il re dei formaggi italiani.

Qui abbiamo gorgonzola, sfoglia, mela e miele: semplice, diretto, perfetto.

L’omaggio alla Madunina si conclude con la versione “innocentemente evasiva” della barbajada, bevanda milanese che nell’Ottocento accompagnava i dolci, trasportata dal bicchiere al piatto, e servita insieme al gelato fior di latte e un tortino alle banane.

Ecco, questo è di sicuro il piatto più rivisitato di un menu bello, buono, pratico e accessibile, per il resto fedele alla tradizione.

5 portate 5, soddisfazione e grado di sazietà che vanno di pari passo, certezza che in molte trattorie della città avrei speso più di 45 euro per un menu tradizionale non all’altezza di questo.

Alta cucina senza orpelli a prezzi quasi popolari.

(*O mi disintossico da Michelin Days o la mia prova costume sarà un bagno di sangue).

[Crediti | Immagini: Lina D’Ambrosio]