Non aprire quel ristorante: avvertimenti per giovani imprenditori di buona volontà

Aprire un ristorante: consigli per giovani neo-imprenditori con poca esperienza. Gli errori da non fare

Non aprire quel ristorante: avvertimenti per giovani imprenditori di buona volontà

I dati parlano chiaro. Nelle province più grandi l’apertura di ristoranti viaggia a ritmo sostenuto. Grosso modo, secondo Fipe-Confcommercio, tra Roma e Milano si corre alla velocità di due al giorno.

Le porti girevoli della Crisi portano con sé ampi ricambi generazionali, i neo-imprenditori hanno spesso meno di 35 anni. Ma c’è un problema. Manca l’esperienza, la buona volontà non basta. Alla fine il saldo complessivo è negativo, cioè si chiudono più ristoranti di quanti se ne aprano.

[Il sogno di aprire un ristorante: regole per non chiuderlo prima di svegliarsi]

– No, essere studenti drammaticamente fuoricorso che frequentano il reparto alcolici del supermercato, non garantisce il successo di una nuova e raffinatissima enoteca.
– E no, essere casalinghe annoiate in vena di esperimenti di femminina socialità, non assicura la riuscita di una tisaneria modaiola condivisa con le amiche più care.

Inteneriti da tanto spirito d’iniziativa, dall’alto della nostra incompetenza culinaria da frequentatori di bettole, abbiamo messo insieme questa lista di avvertimenti per principianti. Sperando che qualcuno la prenda per buona prima di decidersi ad aprire un ristorante tutto suo.

Il menu 1: gli errori

Fai come l’eroico redattore di Dissapore di recente delegato a controllare, niente errori di battitura o refusi. Se pensi che i clienti ritengano colore locale espressioni come “Parmiggiano grattuggiato”, “melenzane”, “C’erasuolo di Vittoria” sbagli. Sono errori.

Anche Rabiata, all’arabiata, a larabiata e almeno un’altra decina di variazioni sul tema. No, la bistecca non è De La Casa, l’insalata non è Dimare anche se il vero sogno proibito resta la gloriosa “pizza margarita”. Intercettati sul menu sono lo specchio della medesima sciatteria in cucina.

Il menu 2: la grafica

Incoraggiare la tua bambina a distinguersi nelle attività artistiche può far bene al suo futuro, è possibile che rientri nel novero degli illustratori più rivoluzionari del XXI secolo. Adesso però ha 7 anni, non chiederle di impaginare il menu del ristorante con quella benedetta app, delega un grafico invece.

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Il menu 3: i piatti

Niente più descrizioni auliche dei piatti che ormai non usano nemmeno ai banchetti delle navi da crociera più mummificate. Definire “Sogno del coltivatore bagnato di tenue pioggia autunnale” qualche foglia di lattuga con carota a julienne molliccia e ravanello intagliato è alla moda quanto la finanziera. Giusto per chiarire: la finanziera non è di moda da qualche decennio.

La sala e il personale

Convinto dall’architetto rampante ti sei allineato alla raggelante ostentazione che affligge buona parte dei ristoranti stellati. Evita almeno le divise bianche per il personale di sala o i clienti temeranno di essere in un’altra, di sala. La sala operatoria.

[Buropazzia: volevo solo aprire un ristorante]

La sala e il personale 2

Al momento di scegliere camerieri, sommelier e addetti al ricevimento verifica che sappiano almeno una lingua straniera. No, non intendo l’italiano.

La sala, la cucina e il personale

Il personale del ristorante ha un gruppo su WhatsApp. Bene. Investire nella formazione non vuol dire inoltrare link agli articoli su Elisa Isoardi che promette di svelare i “piccanti retroscena” dei tortelli di zucca amati da Salvini. Corredati da massime “rubate” a tal Gio Evan.

La cucina sperimentale

Provare. Testare. Collaudare. Tutte attività fondamentali nella cucina di un ristorante. Però, però però. Però la tagliata di ricciola con riduzione di caramelle mou, fondo bruno di speck affumicato, robiola e salsa rosa accompagnata da fettine di guanciale caramellate al ginseng su letto di vaniglia profumata al limone non è audace sperimentazione che un giorno la Guida Michelin premierà con la stella. È una cazzata, fidati.

Le parole da usare

Se fossi in te mi terrei lontano da espressioni quali “la cucina delle nonne”, “l’innovazione è solo evoluzione della tradizione”, “chilometro zero”, “la forma non è nulla senza sostanza”: puzzano di stantio come quell’orrendo maglione peruviano reduce dagli anni Settanta che si nasconde nei penetrali più oscuri del tuo guardaroba. Perché so che c’è, non dire di no.

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La musica

La tua compilation di successi dei vincitori di X Factor potrebbe non accontentare tutti. No, nemmeno il karaoke. Il djset? In un ristorante, mica vorrai scherzare! Meglio Gigi d’Alessio allora. No, un momento: adesso sto scherzando io.

Il cliente ha sempre ragione

Massimo rispetto per le convinzioni religiose altrui. Tuttavia se il venerdì santo la tua macelleria con ristorante annesso è aperta non guardarmi come fai con i vegani se ordino una bistecca alla fiorentina frollata al punto giusto. Al sangue possibilmente.