Paolo Griffa: il rigore dell’enfant prodige della cucina italiana

Paolo Griffa, chef del Petit Royal di Courmayeur, è un perfezionista dell'impiattamento e del servizio. Giovane promessa della cucina italiana già da tempo, ci racconta a chi guarda nella ristorazione. La nostra intervista.

Paolo Griffa: il rigore dell’enfant prodige della cucina italiana

Provate a chiedere uno stuzzicadente al Petit Royal, ristorante una stella Michelin del Grand Hotel di Courmayeur. Certo, non è il massimo dell’eleganza togliersi i pezzettini di carne dai denti in un ristorante di fine dining però, alla fine, mangiando selvaggina può pure capitare. Ed è capitato a Paolo Griffa, chef trentenne dal talento straordinario, di sentirsi chiedere dalla sala uno stuzzicadenti. In quel momento è andato nel panico: e ora come lo portiamo al tavolo? Non si era mai posto il problema, prima di quell’episodio, ma poi si è dato una soluzione. Non vogliamo svelarvi nulla, ma voi chiedetelo uno stuzzicadenti, se capitate al desco di Griffa.

Lo chef, neanche troppo nascosto nella sua cucina parzialmente a vista, gongolerà sentendo quella richiesta e sapendo di essere preparato a esaudirla. Perché Griffa è maniacale nella sua attenzione ai dettagli, fissato come una madre che accoglie ospiti a casa e si scusa per il disordine di fronte a un appartamento perfettamente pulito.

La sua precisione la si coglie nella sala, giovane e sorridente, incredibilmente efficiente senza essere ingessata. E la si ritrova in ogni piatto dei suoi menu, due degustazione ispirati rispettivamente al territorio valdostano e all’arte. Il primo è un concentrato di sapori spinti (come montagna vuole) ma dosati con grande equilibrio; il secondo è probabilmente formato dai piatti più belli che potrete mangiare in questa stagione gastronomica italiana. In entrambi i casi, tutto è fine, colorato, scenografico come un dolce: in ogni piatto si intravede sempre la formazione di Griffa, che dalla pasticceria arriva, in un percorso professionale che si rilegge in ogni sua creazione.

paolo griffa petit royal

Il tutto, appunto, con un’attenzione ossessiva ai particolari. Griffa ne fa un punto d’onore, lui che nel tempo libero gira i ristoranti più blasonati del suo per carpirne pregi e difetti, e appuntarsi quel che funziona e quello che non rispetta le aspettative. Magari poter dare un’occhiata all’agendina di Griffa con gli appunti sui colleghi, siamo sicuri che ci sarebbe da divertirsi.

In che modo sceglie i ristoranti stellati dove cenare?

“Cerco di provare tutti quelli che hanno appena preso la stella, per esempio, per capire cosa hanno di diverso e dove posso migliorarmi. Chiedo cose e verifico come reagisce la sala. Per esempio, se si macchia il tavolo con il vino, guardo se mettono un coprimacchia, di che dimensione e di che tessuto. Insomma: presto attenzione ai tanti dettagli della sala, perché sono convinto che siano fondamentali per la soddisfazione dei clienti”.

 

Quanto conta il servizio nella costruzione di un’esperienza gastronomica?

“Per me conta anche più del 50%. Quello che vivo in sala crea un coinvolgimento emotivo che si riflette sul piatto e ti fa sentire coccolato. E poi il cameriere è il mio tramite con il cliente: è lui che deve inquadrarlo e trasmettermi molto in fretta tutte le informazioni che ha carpito, in modo che io possa costruire un menu tagliato più o meno su misura, visto che non lavoriamo alla carta ma solo con i percorsi degustazione”.

paolo griffa petit royal

Tornando ai colleghi, sente competizione con loro?

“In realtà io in primis sono competitivo con me stesso. Mi piace sfidarmi da solo e provare a migliorarmi in continuazione. E comunque sì, il nostro è un ambiente competitivo fin da subito: se pensi alla differenza di numeri tra gli studenti che iniziano all’alberghiero e quelli che finiscono, capisci subito in quanti abbandonano per strada”.

 

Sì, ma facciamo nomi e cognomi: prendiamo Michelangelo Mammoliti, ad esempio. Avete più o meno la stessa età, due enfant prodige della cucina italiana, ora lui ha due stelle e tu una.

“Mah, io e lui abbiamo stili molto diversi, non siamo in competizione. È vero, abbiamo tratti simili, ma siamo a capo di due realtà completamente diverse, a partire dalla zona. Lui è nelle Langhe, in un locale aperto praticamente tutto l’anno, noi subiamo la stagionalità. Lui ha creato tutto questo lavoro sull’orto, mentre io su questo aspetto sono più restio, perché non è il mio mestiere. Insomma, non possiamo essere in competizione. Quanto alla stella, diamo tempo al tempo: ho preso la prima un anno fa, ora andiamo verso la seconda”.

paolo griffa petit royal

Ma vale la pena di rincorrere sempre un risultato più alto? Non c’è il rischio che l’ansia da prestazione rovini tutto?

“A me la competizione, l’adrenalina non danno fastidio, anzi. Fa parte del nostro lavoro, in fondo, anche al pass tutte le sere è così. Ogni volta che facciamo un nuovo menu ci chiediamo cosa possiamo fare di nuovo, di diverso, di meglio, altrimenti tutto diventa routine e poi ti annoi. Almeno, per me è così: quando faccio un piatto per la prima volta sono euforico, ci metto entusiasmo, ma se faccio lo stesso piatto tutte le sere alla fine non avrò più lo stesso spirito, e non riuscirò più a trasmetterti emozione. Insomma, chi fa il nostro lavoro un po’ convive con l’ansia da prestazione, e alla fine gli piace così”.

 

Che cosa significa essere la giovane promessa della cucina italiana?

“Io ho iniziato davvero presto a fare questo lavoro, quindi alla fine sono giovane, ma con tanti anni di esperienza alle spalle. Ho fatto tanta gavetta, e questo mi ha permesso di prendere le cose con uno spirito diverso. A 26 anni sono arrivato qui, era certo una sfida per la proprietà, ma tutto sommato anche loro sapevano che avevo maturato molta esperienza. Noi vediamo come sempre solo la punta iceberg, quando invece dovremmo vedere anche quello che c’è stato prima”.

paolo griffa petit royal

Se uno nasce come enfant prodige, poi cosa c’è?

“Per me ora è semplicemente la dimostrazione che sapevo quello che volevo e sono riuscito a ottenerlo. Sai, c’è sempre la possibilità che le aspettative siano mal riposte: ma se è una bolla allora scoppia in fretta, se no vuol dire che sei riuscito a concretizzare quello che hai costruito. Il principio è riuscire a diventare inattaccabili, dando risultati concreti. Ovvio che puntiamo sempre più in alto, alla seconda e poi chissà, ci sono anche i 50 Best, che sono forse il premio che più gratifica l’ego di uno chef. Sono obiettivi che ci poniamo, ma non possiamo davvero fare qualcosa per raggiungerli se non autoimporci un metodo di lavoro preciso e costante”.