Bio c’è (dedicato a Dario Bressanini)

Dario Bressanini è un ricercatore universitario con decine di pubblicazioni scientifiche su materie anche vitali per la mia esistenza, ma che rimangono comunque ignote, almeno a me. Quel minimo di saggezza regalata dall’età, mi dice che su alcuni argomenti ho raggiunto una ragionevole competenza; su altri posso considerarmi un dilettante (nel senso di amatore) e altri ancora resteranno oscuri senza che io abbia a subire danni.

Leggiamo qualche titolo delle pubblicazioni di Bressanini, tanto per inquadrare le sue competenze:

– The fixed hypernode method for the solution of the many body Schroedinger equation;
– Delayed Rejection Variational Monte Carlo;
– Robust wave function optimization procedures in quantum Monte Carlo methods;
– Positron and positronium chemistry by quantum Monte Carlo;
– Quantum Monte Carlo in Chemistry;
– A Monte Carlo simulation of liquid 1,2-dimetoxyethane.

Il Monte Carlo ripetutamente citato non è il principato da operetta (e paradiso fiscale) retto da Alberto II, ma, come m’informa Wikipedia, “una grande famiglia di algoritmi sfruttati per simulazioni quantistiche di chimica computazionale”, il che suscita in me il profondo rispetto e la sincera ammirazione che prova un fanciullo nei confronti degli adulti esperti di argomenti astrusi e ignoti.

Ciò nonostante, mi farei operare al cervello dal massimo esperto mondiale di chimica computazionale? Gli commissionerei un abito su misura o, peggio, gli affiderei la dichiarazione dei redditi del mio studio professionale? Mi spiace, ma la risposta è in tutti i tre casi negativa.

Se avessi l’urgenza di determinare l’esatto valore dell’energia dello stato fondamentale, mi rivolgerei senz’altro a Bressanini (mi è pure simpatico e poi, tra coloro con i quali sono stato in qualche relazione anche solo epistolare, è l’unico che sappia di che si tratta), ma non mi passa nemmeno per la testa di chiedergli di suggerirmi un regime dietetico.

Posso senz’altro sbagliarmi  – a me succede, ogni tanto – ma sull’argomento è un dilettante (nel senso di amatore). Attenzione, su ciò la sua onestà è totale: non si spaccia assolutamente per esperto accreditato, tant’è che anche nella sua pagina sul sito dell’università comasca presso la quale opera, inserisce l’argomento “scienza in cucina” nella sezione fun (divertimento, buffonata, burla, scherzo).

La colpa è di qualche frequentatore dell’iperspazio che ha preso terribilmente sul serio e per verità rivelata quello che, invece, è un sano momento di leggerezza necessario, tra un calcolo della funzione d’onda e uno della matrice densità. A me, almeno, se dovessi occuparmi di tali argomenti, un momento di sano cazzeggio sembrerebbe vitale.

Ma veniamo al punto in contestazione: la ricerca sui nutrienti nel cibo biologico. A ben vedere, l’unica colpa che si può amichevolmente imputare a Bressanini è di aver scelto come base dei suoi ragionamenti il lavoro della London School of Hygiene & Tropical Medicine che, come è stato ricordato in questo blog, dovendo necessariamente scegliere una data limite, ne ha determinata una che ha tagliato fuori i risultati del progetto integrato Quality Low Input Food (finanziato con ben 18 milioni di euro dall’Unione europea), che ha coinvolto qualche decina di università e istituti di ricerca e ha prodotto un centinaio di lavori scientifici di risultato (oops!) diverso da quello della review sistematica londinese.

D’altra parte, si sa, la realtà è mica poco complessa, e anche se con metodo, la scienza non può che procedere tra errori, ammissione degli errori, successivi aggiustamenti e correzioni, nuovi errori e così via.

Oltre all’intero progetto QLIF segnalo ai frequentatori di questo blog che è rimasta fuori anche una decina di altri freschi studi (chiaramente realizzati con progettazione e metodi analitici ben più avanzati di alcune delle comparazioni più antiche, tenute invece in considerazione), che confermano il minor contenuto di nitrati e quello più elevato di vitamina C, polifenoli e capacità antiossidante totale nei prodotti biologici.

Per amore di patria, segnalo che non è entrato tra i 162 lavori presi in considerazione nemmeno il rilevante progetto di ricerca “Determinanti di qualità dei prodotti dell’agricoltura biologica” realizzato nella prima metà degli anni 2000 dal nostro Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, che in tutti i tipi di frutta ottenuti con il sistema biologico aveva riscontrato un maggior contenuto in polifenoli totali, in composti dotati di attività antiossidante, nei carotenoidi e una più alta attività della polifenolossidasi.

Dalla lettura della meta-ricerca del britannico Food Standard Agency, Bressanini trae motivo per bacchettare: “Insomma, siccome nella scienza l’onere della prova sta in chi fa delle affermazioni, se qualcuno sostiene che il cibo biologico è più nutriente lo deve dimostrare, e quel che emerge dalle ricerche condotte sino ad ora è che questa dimostrazione non è stata trovata”.

Queste riflessioni vanno prese per quello che sono: non una crociata contro i prodotti biologici, ma una riflessione sul metodo scientifico, uno stimolante e incontestabile esercizio intellettuale. Certo, spiace che la tranciante conclusione “sino ad ora è che questa dimostrazione non è stata trovata” sia tratta dall’esame della sola fonte London School of Hygiene & Tropical Medicine.

Le riflessioni sul metodo scientifico sarebbero infatti probabilmente state più stimolanti e l’informazione ai lettori del blog più completa, se si fosse data notizia della meta-ricercaNutritional quality and safety of organic food. A review” pubblicata quasi in contemporanea, realizzata dall’(almeno?) altrettanto autorevole Istitut National de la Recherche agronomique, il primo istituto di ricerca agronomica d’Europa e il secondo al mondo. Tra l’altro, la ricerca sistematica francese prende in considerazione anche i parametri esclusi nelle terre d’Albione, residui di fitofarmaci, quantità di nitrati, quantità di sali minerali, sostanze a effetto antiossidante…

Come scrive Bressanini nel suo blog? “Il punto è che, come rilevava la FSA, a seconda di cosa includi o escludi in una review puoi ottenere conclusioni diverse”. Appunto, mi vien da dire.

Quindi sembra un po’ azzardato decidere di non prendere in considerazione delle ricerche e poi sostenere “quel che emerge dalle ricerche condotte sino ad ora…”. Più corretto sembra sostenere “da quel che emerge dalle ricerche che ho deciso di prendere in considerazione…”, il che è paio di maniche ben diverso.

Pubblicato sempre nel 2009 dall’insospettabile rivista scientifica Agronomy for Sustainable Development, il lavoro francese dichiara (apro e chiudo virgolette):

“I punti principali sono:
– i prodotti biologici vegetali contengono più sostanza secca e minerali (Fe, Mg) e più sostanze nutrienti a effetto antiossidante, quali fenoli e acido salicilico
– i prodotti biologici animali contengono più acidi grassi polinsaturi;
– i dati sui livelli di carboidrati, proteine e vitamine non sono sufficientemente documentati;
– dal 94 al 100% degli alimenti biologici non contiene alcun residuo di pesticidi;
– i vegetali biologici contengono meno nitrati (circa il 50%);
– i cereali biologici presentano complessivamente livelli di micotossine analoghi a quelle dei prodotti convenzionali.

I metodi agricoli biologici hanno così fornito dimostrazione di essere in grado di fornire alimenti di elevato livello qualitativo”.

Purtroppo i siti che lo propongono sono solo quelli delle organizzazioni del settore biologico e così, mentre l’articolo della London School of Hygiene & Tropical Medicine ha trovato larga eco su carta (ricordo ancora i titoli) ed è stato rilanciato in abbondanza nell’iperspazio, quasi nessuno ha citato la successiva ricerca francese. Forse si prestava meno a titoli d’effetto, o sarà colpa del maggior fascino della tropical medicine, che fa venire a mente Indiana Jones eil tempio maledetto. Infine: è un peccato che l’esercizio intellettuale di prendere a pretesto una ricerca per dare il via a riflessioni sul metodo scientifico non sia stata sorretto da un buon uso dei motori di ricerca, che avrebbe consegnato anche la pubblicazione del maggior istituto di ricerca continentale sull’agronomia e le produzioni agroalimentari.

Perché, come dice Bressanini “a seconda di cosa includi o escludi in una review puoi ottenere conclusioni diverse”. Chiaro, no?

[Roberto Pinton è il segretario di AssoBio, associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici].