Siamo quello che mangia nostro figlio

gnamUn paio di premesse: chi scrive ha allevato il figlio secondo i dettami della Leche League (per cui il neonato, fino a sei mesi, ha bisogno esclusivamente di latte materno) e mia moglie ha allattato Luca, a richiesta, fino a tre anni e mezzo; sono favorevole ad un approccio naturale alla nutrizione del bambino, quasi autogestito, che gli consenta di esplorare “le vie del gusto”. Seconda premessa: ho qualche problema, forse ideologico, nei confronti dei cibi per neonati che l’industria alimentare allinea sugli scaffali dei supermercati. Così ho trovato confortevole la lettura di questo articolo del Washington Post,  in cui si segnala il fenomeno della preparazione homemade di cibo per bambini, anche piccolissimi; già all’età di pochi mesi, secondo un crescente numero di genitori, è possibile, e consigliabile, avvicinare i bambini allo stesso cibo consumato dagli adulti, eventualmente (non necessariamente) secondo ricette specifiche. Gli argomenti a favore sono molteplici: dal maggiore controllo della qualità degli ingredienti, alla possibilità di educare il piccolo ad un numero di gusti diversi (piccoli gourmet crescono), per finire con l’aspetto finanziario che, dati i tempi, non è disprezzabile: costa meno. Come dicevo, ho sempre volentieri consentito alla mia discendenza un approccio tranquillizzante ed autogestito col cibo; ho sempre visto con favore la curiosità, direi intellettuale, del bambino che desidera esplorare gusti, e preparazioni, idealmente lontani dalla cultura dell’omogeneizzato. Ciò detto, l’articolo del WP va oltre, e narra di piccolissimi che gustano sushi o pecorino cheese. Interessanti, poi, alcuni link, tra i quali segnalerei Wolesomebabyfood.com, interamente dedicato a ricette e consigli sul “vero” cibo per piccoli. Due volte interessante la sezione “il baby è pronto per il cibo solido?”