Il Prosecco è troppo, avido e pieno di pesticidi, accusa Report

Report, il programma di Milena Gabanelli, lancia pesanti accuse contro i produttori di Prosecco, vino alla moda che ha invaso tutto il Veneto e sarebbe pieno di pesticidi. C'è poi la sfida con il comune di Prosecco sul Carso, in provincia di Trieste, che pretende una cospicua parte dei guadagni

Il Prosecco è troppo, avido e pieno di pesticidi, accusa Report

“Puttanate”. Così, senza tanti giri di parole, vengono sbrigativamente liquidate da parte di Corrado Giacomini, presidente del settore vitivinicolo di Confcooperative, le accuse di eccessivo impiego di pesticidi mosse ai produttori di uno dei più diffusi vini italiani: il Prosecco.

Eppure, come anticipato dal Corriere della Sera, le notizie raccolte da Report, il programma di Milena Gabanelli, che verranno raccontate nella puntata di questa sera, lascerebbero intendere una diversa e più inquietante realtà.

Le sterminate distese di vigneti coltivati a uve da Prosecco che stanno ormai invadendo tutto il Veneto, avrebbero infatti portato non solo benessere, prosperità e occupazione agli abitanti del Nord Est.

Ma pure una serie di conseguenze negative che andrebbero a impattare sulla qualità della vita e addirittura sulla salute, proprio a causa dell’impiego spregiudicato di concimi e pesticidi da parte dei coltivatori, che l’abnorme diffusione del Prosecco ha portato con sé.

Si parla nel dettaglio di testimonianze di chi è costretto a vivere barricato in casa, circondato da filari e con le finestre sbarrate per frenare l’aria letale proveniente dall’esterno, inquinata dalle rotte dei trattori che tutto il giorno l’ammorbano e la contaminano con nuvole di pesticidi.

“La nebulizzazione arriva soprattutto la sera, quando il vento viene dalla pianura verso la collina. E qua si crepa”, ha detto a Report un abitante del luogo, Luciano Bortolamiol.

prosecco, lavorazione

Ma si parla anche di realtà più pesanti, di case disabitate, di famiglie costrette ad andarsene, di casi di tumori alle ovaie, Parkinson, endometriosi, tutto a causa non solo dell’aria ma anche delle falde acquifere, anch’esse ugualmente inquinate:

“Qui ho visto con i miei occhi lavare taniche nell’acqua, miliardi di volte. La zona qui dietro era tutto bosco. Ora è stata disboscata. E c’era il mais, il gelso, pascoli, alberi di noce”. Ora, invece, solo e sempre vigne, all’infinito, nient’altro che vigne.

Non basta: le irroratrici che spargono pesticidi e antiparassitari, e che dovrebbero mantenersi a una distanza di almeno venti metri da strade e case –aumentati a trenta in primavera– spesso non osservano le distanze minime previste per legge, e i pesticidi vengono sparsi ovunque, non solo in prossimità delle abitazioni, ma anche vicino a scuole e asili.

D’altro canto, è  comunque innegabile che vigne e Prosecco abbiano comunque portato benessere e agiatezza nello zone di produzione: secondo Report, nel solo 2015, 15.000 aziende venete e 527 cantine hanno prodotto 438.698.000 bottiglie di Prosecco, per un fatturato complessivo  di 2 miliardi e 100 milioni di euro.

Un business più che profittevole per un vino il cui prezzo può arrivare anche a venti euro a bottiglia, ma che per contro si può anche acquistare online anche a meno di due euro.

Eppure i problemi legati all’uso massiccio dei pesticidi non sono gli unici ad affliggere il Prosecco: la faccenda potrebbe spostarsi anche sul piano legale.

E’ infatti grazie al toponimo del piccolo paese di Prosecco sul Carso, in provincia di Trieste, che dal 2009 nessun produttore, al di fuori di quelli locali, può apporre sul proprio vino il prestigioso nome, in virtù del divieto che il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha strappato all’UE.

Con l’operazione “Prosecco Doc”, infatti, si è creata, accanto al classico Prosecco inteso come spumante, la denominazione di Prosecco di Conegliano Valdobbiadene, riferita alla produzione di Prosecco non solo del Friuli e della provincia di Treviso, ma anche di altre province venete, dove la produzione del famoso vino era del tutto inesistente, non essendo presenti vigneti di Prosecco, o meglio di “Glera”, come cioè si decise di denominare la nuova uva da vino Prosecco.

In questo modo, utilizzando l’appiglio territoriale triestino, si è tutelato il vino dalle imitazioni, impedendo che altri produttori nel mondo piantassero vitigni di Prosecco e ne utilizzassero il nome per denominare il loro prodotto.

Peccato però che gli abitanti di Prosecco, a cui era stata riconosciuta una percentuale dell’1% sul totale dei guadagni derivanti dalla vendita del diffusissimo vino, a oggi non sia stato versato dai cugini veneti nemmeno un centesimo della quota loro spettante, da calcolarsi sulla ragguardevole cifra dei due miliardi di euro di Prosecco venduti.

Cosa che avrebbe portato gli abitanti di Prosecco a minacciare di riprendersi il prestigioso nome, facendo così sfumare diritti di esclusiva e relativi guadagni.

Una conclusione che non sarebbe utile a nessuno.

[Crediti | Link: Corriere della Sera]