In che lingua parliamo? (O dei parvenu del cibo)

Il food, oltre ad essere un affare, è la moda del momento, ed essere gastroqualcosa è importante, ti colloca più in alto nella scala sociale. Si improvvisano gastronomi, gastrofili e gastrofilosofi anche quelli che fino a ieri mangiavano bastoncini di merluzzo scongelati e pensano che il cavolo fiolaro sia un broccolo con molti figli. In fondo sono gastronauti anche loro, in regolare possesso di collegamento adsl e altrettanto regolarmente iscritti a forum, siti vari di cucina e riviste on line di cibo. Qualcuno, per snobismo, si iscrive anche a riviste web di cultura gastronomica, non ci capisce una fava ma fa tanto chic! Attraverso questi strumenti si tiene a conoscenza di incontri, manifestazioni, promozioni di nuovi prodotti, insomma, la qualunque che gli permetta di presenziare e, se possibile, di mettersi in evidenza in qualche modo. Uso un “gli” maschile ma dovrei meglio usare un “le” visto che internet pullula più di donne in carriera e scatenate food blogger, che di uomini.

Ed ecco dunque che compare la generazione dei parvenu del cibo, i gastrofunamboli della parola, i Larousse del Burinshire; quelli che non bevono tè, perchè non sono mica dei coatti, bevono thè, si incontrano per un the party e nei blog pubblicano ricette di biscottini al thé matcha (perchè hanno rifatto la ricetta di un blog francese che chiama il tè alla francese, thé appunto).

C’è anche un blog che si chiama “il The delle cinque” e, come sottotitolo, ha la frase “Quando una passione diventa una filosofia di vita”. Blogger cara, che ne dici se prima facciamo diventare questa passione una ricerca filologica e poi passiamo alla filosofia di vita?

E tutto questo con buona pace degli inglesi che hanno reso popolare l’uso del tè in Europa e hanno inventato l’afternoon tea.

E’ indubbio, siamo esotici, ci piace far sfoggio della nostra conoscenza linguistica in ogni dove, non siamo mica come i nostri sciovinisti cugini francesi che non accettano contaminazioni della loro lingua madre, ecchecavolo! Noi, dopo aver mangiato una scaloppina di fois gras al vin santo con marmellata di scalogno 1, ci beviamo un caffè shekerato per finire la serata (si ha notizia che francesi ed inglesi stiano disperatamente cercando di tradurre nella loro lingua queste preparazioni).

Non so cosa ne pensiate voi ma a me questo dilagare di ignoranza che rimbalza nel web di sito in sito, tacitamente accettato da altrettanti incolti, mi fa presagire un ulteriore imbarbarimento culturale.

[Fonti: Il the delle cinque, Immagine:Deejay.it]