Alessandria: Slow Food si oppone al deposito nucleare nei campi della provincia

Il distaccamento Slow Food della provincia di Alessandria ha espresso la sua opposizione (e le motivazioni per cui sono contrari) al deposito nucleare nei campi della loro provincia.

Alessandria: Slow Food si oppone al deposito nucleare nei campi della provincia

La Slow Food della provincia di Alessandria non ci sta: a fronte di una discussione che va avanti da anni, l’associazione ha infine messo in chiaro il suo parere in merito ai depositi nucleari che potrebbero essere sepolti nei campi della loro provincia.

È dal 2014 che si discute per individuare la località italiana che ospiterà il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e pochi giorni fa è arrivata la notizia che la Cnapi (la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale) avrebbe previsto sei siti nella provincia di Alessandria. Cinque di loro sarebbero ritenuti “molto idonei”.

“Ponendo in premessa che non è nostra intenzione porci su un fronte qualunquista del tipo “fatela dove volete purché non sia nel nostro cortile”. Al contrario” hanno sottolineato Ugo Bertana (Condotta Slow Food Monferrato Casalese e Moncalvo), Dalia Ghisu (Condotta Slow Food Alessandria), Marco Dell’Era (Condotta Slow Food del Tortonese), Andrea Zoccheddu (Condotta Slow Food del Gavi e Ovada). “È nostra intenzione portare al centro del dibattito, che nelle prossime settimane coinvolgerà le amministrazioni pubbliche e gli stakeholder interessati al tema, la posizione delle nostre condotte formate da donne e uomini che vivono il territorio in chiave ambientale, sociale ed economica. Partendo da situazioni storiche certificate, il nostro ragionamento complessivo ci dice che la porzione di territorio su cui lavorano i nostri comitati, è già stato investito da troppi episodi di sfregio ambientale, e che le popolazioni che vi risiedono hanno già pagato molto, anzi troppo, in termini di salute.”

“Una rievocazione storica che ci spinge fino agli anni ’70 del secolo scorso potrebbe essere il viatico per avviare una cronaca di disastri ambientali vissuti dal Monferrato casalese”, hanno continuato i portavoce Slow Food. “Dalla Raffineria Maura a Coniolo, fino all’inquinamento dell’acquedotto della città di Casale nel marzo del 1986. Ma basterebbe la sola vicenda Eternit, con il suo carico di morte che continua a perpetrarsi nel tempo chissà fino a quando, per poter dire che questo territorio non ha bisogno di ulteriori attività a rischio ambientale e di pericolo per la salute umana. Un territorio che meriterebbe un risarcimento ed invece vive lo stoccaggio di rifiuti radioattivi a Saluggia ad una manciata di chilometri dai pozzi dell’acquedotto del Monferrato”. 

Dalla Slow Food hanno concluso, dicendo: “Con questo documento siamo quindi vicini ai Sindaci e alle amministrazioni della Provincia, che lotteranno per difendere il proprio territorio, e a disposizione, per quanto attiene alle proprie competenze, a partecipare in modo costruttivo al dibattito che seguirà nei prossimi mesi“.

[ Fonte: Alessandrianews ]