Bastano cinque minuti di pubblicità per rovinare l’alimentazione di tuo figlio: ecco come

Tutti i numeri e i fattori rilevanti dell'ultimo studio inglese sulla materia, che riaccendono i riflettori sulla normativa in vigore da ottobre 2025.

Bastano cinque minuti di pubblicità per rovinare l’alimentazione di tuo figlio: ecco come

Che le pubblicità sul cibo riescano a influenzare il comportamento alimentare di bambini e adolescenti è risaputo. Lo hanno capito bene nel Regno Unito, dove dal prossimo ottobre entrerà in vigore il divieto di lanciare spot sul junk food prima delle nove di sera. Un recente studio condotto su giovani inglesi tra i 7 e i 15 anni prova ulteriormente la teoria e va un passo più lontano, rivelando che questo tipo di pubblicità è dannosa in più modi di quanti non immaginiamo.

I mille e uno effetti della pubblicità sul junk food

Cibo spazzatura

Il team di ricerca condotto da Emma Boyland, professoressa di marketing alimentare e salute infantile, svela nuovi dati sul rapporto tra pubblicità e consumo di cibo tra i piccoli consumatori.

Lo studio, condotto su 240 bambini e ragazzi della contea inglese del Merseyside, dimostra come cinque minuti di pubblicità bastino a invogliare le giovani fasce a ingerire più calorie.

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Parliamo di réclame che mettono in risalto prodotti ad alto contenuto di grassi saturi, e i fattori degni di nota sono più di uno. In primis, il risultato vale per qualsiasi tipo di supporto pubblicitario – video, post sui social media, annunci su podcast, cartelloni –, scoperta che rende l’imminente applicazione del divieto degli spot in TV quanto meno limitante.

Il secondo punto da evidenziare è che l’influenza della pubblicità non è strettamente correlata a un alimento, un prodotto o una marca in particolare; lo spiega meglio Boyland: “Gli alimenti che abbiamo servito non erano gli stessi che venivano mostrati nelle pubblicità, ed erano privi di informazioni sul marchio. Ciò vuol dire che [i bambini] non erano spinti ad acquistare quel cibo in particolare o a consumare alimenti da fast food; era semplicemente uno stimolo a consumare ciò che era disponibile“.

In termini numerici, parliamo di 130 calorie in più consumate dopo aver visto le pubblicità in questione, rispetto al gruppo di controllo. Gli effetti, tra l’altro, si estendono temporalmente di diverse ore dopo aver “consumato” le ad.

Katharine Jenner, direttrice della Obesity Health Alliance, si collega allo studio sottolineando come questi risultati debbano inviare un messaggio chiaro ai decisori politici. Le nuove normative in vigore da ottobre sono “un vitale passo in avanti”, ma, dice, non sono ancora sufficienti.