Un rebranding da 700 milioni di dollari… che non piace a nessuno. Questa l’amara situazione in cui si è trovata la catena di ristoranti statunitense Cracker Barrel, un gigante da 660 locali apprezzato per i suoi richiami senza tempo alla cultura del Sud del Paese, con camini, sedie a dondolo nel portico e tipici giochi da tavolo. Il restyling messo in atto dall’azienda del Tennessee non è andato giù a molti, specie alla destra conservatrice (Trump e figlio compresi). E per quanto possa sembrare strano, l’elemento che ha scatenato l’inferno è stato soprattutto il logo.
Tutta colpa di un logo

Non toccate quel logo. Chissà se il rinnovamento generale della storica catena di ristoranti Cracker Barrel si è basato su una ricerca di mercato ben fatta. Forse no, dato il disappunto generale riscontrato sui social di fronte ai cambiamenti messi in atto dall’azienda, anche e soprattutto in merito al logo.
Cracker Barrel porta con sé fin dal nome l’idea di un concept semplice, informale, rustico se vogliamo. Ma barrel significa anche “botte”, proprio come quella su cui per decenni l’uomo sul logo ha poggiato il gomito. Il rinnovamento della veste grafica del brand aveva eliminato tutto ciò, sostituendo l’iconico disegno dai toni scuri con un design minimalista che riportava solo il nome della catena.
Pessima mossa, che ha fatto infuriare il web e persino personalità della politica; Donald Trump Jr., con grande eleganza, aveva twittato: “Che ca**o di problemi ha Cracker Barrel??!”. Gli anti-rinnovazione della catena – che aveva messo le mani non solo al logo, ma anche all’arredamento e al menu – hanno tacciato la nuova strategia dell’azienda di wokismo, accusandola di annullare tutti i valori e la rappresentazione verace degli Stati Uniti meridionali.
La rivolta è stata abbastanza forte da spingere Cracker Barrel a fare un passo indietro: il logo tornerà quello di sempre e, assicura l’azienda su X, “se il tuo ristorante non è ancora stato rinnovato, non preoccuparti: non lo sarà”. La voce del popolo ha sentenziato.