I calciatori della Juventus in America: “Il cibo italiano non è il massimo”

Timothy Weah e Weston McKennie dicono la loro sulla cucina dello Stivale, ma sembra che manchi un po' di consapevolezza di fondo.

I calciatori della Juventus in America: “Il cibo italiano non è il massimo”

Meglio una bistecca alla fiorentina o un barbecue americano? La seconda vince a mani basse… ma senza avere la minima idea di cosa sia la prima. Questa l’onesta e confusa opinione dei calciatori Timothy Weah e Weston McKennie sulla gastronomia dello Stivale; intervistati per il podcast Talk With Us, tenuto dalla Juventus (per cui giocano), i due statunitensi condividono la loro idea di cucina italiana, che descrivono come una monotona ripetizione di pasta, pizza, pesce e bistecca, “senza molta varietà”. In America, invece, di varietà ne avrebbero da vendere.

Cosa non torna nell’opinione dei due bianconeri

fiorentina salata e pepata

Il cibo italiano è buono, ma noioso. Possiamo riassumere così l’idea che Timothy Weah e Weston McKennie hanno della gastronomia italiana. Tutto un ripetersi degli stessi piatti, ovunque tu vada. Ci chiediamo dove li abbiano portati a mangiare questi due. Si parte da una domanda: è meglio il barbecue americano o la bistecca alla fiorentina con carne di Fassona (ma perché la carne di Fassona, poi? Forse la domanda l’ha scritta la stessa delegazione della Camera di Commercio di Firenze che ha portato il piatto tipico a Bruxelles)?

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La risposta: il barbecue americano, ovviamente. Da una domanda a noi ne sorgono altre mille, in primis: ma cos’è un barbecue americano? Come se il termine si riferisse a un taglio o a una cottura o a una razza specifici. E poi, e soprattutto: come si può affermare con assoluta convinzione che sia meglio l’una o l’altra se – come ammettono gli stessi calciatori un attimo dopo – non si ha nemmeno idea di cosa sia una fiorentina?

Ma passiamo al concetto più ampio. Riassumendo quanto espresso da McKennie, se ordini una pasta col pesto, sarà identica ovunque la mangi, mentre un hamburger negli States ha un sapore completamente diverso da un posto all’altro, anche a distanza di dieci metri. Citare un prodotto DOP (ma loro sapranno che lo è?) non è forse il miglior esempio, considerando la rigida normativa che ne regolamenta ingredienti e produzione, ma siamo comunque sicuri che sia così?

Di che pesto parliamo, intanto? Di un pesto di pistacchi, di noci, alla trapanese, alla genovese? E ipotizzando che sia quest’ultimo il loro riferimento – di certo il più popolare e identificato con l’Italia all’estero –, i due bianconeri sapranno che, oltre al più classico dei pesti alla genovese, esistono anche versioni di confine, come i testaroli della Lunigiana, o versioni rivisitate dagli ingredienti estremamente pregiati, come nel pesto da 1000 euro al chilo di Maurizio Viani?

Lungi da noi fare i paladini della cucina italiana come migliore al mondo in assoluto, ma se le preferenze fossero espresse con cognizione di causa sarebbe già qualcosa. Qualcuno potrebbe obiettare che è solo un’intervista a due calciatori, ma quello che vediamo noi è il frutto di una comunicazione stereotipata sulla cucina dello Stivale; e forse avremmo bisogno di altri mille programmi che mettono in luce un altro, anzi tanti altri, aspetti della nostra gastronomia, proprio come fa Tucci nella sua ultima serie.