La Banca Centrale Europea (BCE) ci offre una panoramica sullo stato dei prezzi alimentari, e lo fa con aria preoccupata. Sebbene, infatti, l’inflazione sia diminuita non di poco negli ultimi anni – dal picco del 10,6% a ottobre 2022 fino al 2% di oggi – il costo del contenuto nel carrello rimane parecchio elevato. Nell’ultimo articolo pubblicato sul suo sito web, la BCE si concentra proprio su detta categoria di prodotti, perché è questa a pesare di più sulle famiglie a basso reddito, per le quali la spesa rappresenta una notevole fetta delle uscite mensili. I numeri, d’altronde, non sono incoraggianti, con un aumento dei cartellini al supermercato pari a circa il 33% rispetto al periodo pre-pandemico.
I dati sull’inflazione per il cibo
L’inflazione potrà anche essersi mitigata, ma i prezzi dei beni alimentari continuano a essere preoccupanti. È il quadro che appare in maniera molto chiara dall’ultima analisi della BCE, che non nasconde la preoccupazione specie per le famiglie e gli individui a basso reddito.
Perché se l’incremento dei prezzi è lo stesso per tutti, la percezione risultante non lo è, e i nuclei che guadagnano meno spendono necessariamente una maggiore proporzione del loro stipendio proprio al supermercato. Ma veniamo ai numeri.
Dalle parole e dai grafici proposti dalla BCE, leggiamo che rispetto al periodo pre-Covid, in UE i prezzi degli alimenti sono lievitati di un terzo. Il tetto più alto lo tocca l’Estonia, che segna un +57%; l’Italia è tutto sommato nella fascia più bassa del quadro, con un aumento pari al 28%.
L’altro dato evidenziato è il confronto tra gli alimenti e le altre tre categorie prese in esame: energia, servizi e beni di consumo. Fra tutti, è proprio il cibo a detenere il primato dell’inflazione, avendo raggiunto (e, anzi, superato) il 15% al picco massimo e avendo impiegato molto più tempo a stabilizzarsi – pur rimanendo, tuttora, la categoria di mercato più in difficoltà.