Ivo Gandolfi, il Covid si porta via il volto storico della ristorazione bolognese

È morto Ivo Gandolfi, storico volto della ristorazione bolognese, conosciuto come "lo chef dei campioni". I suoi locali erano meta fissa di celebrità sportive e non solo.

Ivo Gandolfi, il Covid si porta via il volto storico della ristorazione bolognese

Era il punto di riferimento “dei campioni”: ci ha lasciati Ivo Gandolfi, celebre figura della ristorazione bolognese, coi suoi locali “Braseria” e “Al Campione”.

Da qualche tempo Gandolfi aveva vari problemi di salute e il Covid, dopo due settimane di terapia intensiva al Sant’Orsola, ha sconfitto anche lui. A 75 anni, era il simbolo per i bolognesi di cucina di alto livello. Negli ultimi decenni, si sono seduti ai suoi tavoli tutti, ma davvero tutti i protagonisti del calcio e del basket cittadino (ma non solo), offrendo all’interno dei suoi ristoranti un rifugio sicuro e discreto a tutti i giorovaghi dello sport, specie gli scapoli che adottava insieme alla moglie Luisa.

Sulle mura dei suoi locali, come fosse un museo, ci sono le testimonianze di maglie e foto autografate dalle varie celebrità sportive che l’hanno conosciuto, che consideravano i suoi ristoranti come una “casa” dove tornare: calciatori, cestisti, presidenti, allenatori imprenditori, politici, artisti, giornalisti e clienti qualsiasi, tanti andavano da lui, attirati dalla possibilità di gustare una cotoletta a due piazze delle sue o i tortelloni, accanto a Baggio, Mancini, Di Vaio, Signori, Danilovic o Myers. Anche tutti gli ex giocatori o dirigenti di Bologna, Virtus e Fortitudo non mancavano di fargli visita ogni volta di passaggio sotto i portici.

Ivo iniziò come cameriere da Augusto in via Testoni, presso quello stesso ristorante che divenne poi il suo, col nome Braseria. Nel 2010 vi fu la burrascosa rottura coi soci e poco dopo Ivo aprì insieme a Beppe Signori “Al Campione” di Porta Lame, abbandonato poi nello scorso novembre per iniziare – da poche settimane – una nuova avventura in Galleria del Toro, insieme al figlio Simone, erede della sua arte tra tavoli e fornelli.

Molti ricordano, senza esagerare, che bastava un “Ciao, Dado” detto da Gandolfi per far passare l’amarezza di una partita persa, in grado di tirare su il morale più di alcuni allenatori.

[ Fonte: La Repubblica ]