Nelle ultime ore si è abbattuta sull’Italia la minaccia di una nuova ondata di dazi, iper-specifici e apparentemente punitivi. Sono le possibili tasse del 107% che Trump vorrebbe imporre sulla pasta tricolore a partire da gennaio 2026, in risposta a un’indagine del Dipartimento del Commercio statunitense che avrebbe accusato alcuni pastifici italiani di dumping.
Nel mirino delle analisi a stelle e strisce – volute da produttori di pasta locali – sono finite in particolare La Molisana e Garofalo; ma anche altri marchi, dai più noti ai più regionali, sono sotto osservazione. La Molisana, pur respingendo qualsiasi accusa, ha già una mezza soluzione pronta: aprire uno stabilimento negli Stati Uniti per aggirare l’ostacolo.
La risposta de La Molisana alle accuse di dumping e ai possibili nuovi dazi
È guerra alla pasta italiana da oltreoceano, dove Trump ha annunciato la possibile entrata in vigore, da gennaio 2026, di dazi aggiuntivi sul simbolo gastronomico italiano per eccellenza. Il motivo di tanto accanimento su un solo prodotto è da individuare in un’analisi svolta dal Dipartimento del Commercio statunitense, su consiglio di pastifici locali, per verificare l’eventuale colpa di dumping da parte delle aziende produttrici italiane. Il dumping, per intenderci, è la politica commerciale predatoria che consiste nell’esportazione di merci a prezzi molto più bassi di quelli praticati sul mercato interno o su un altro mercato, oppure addirittura sotto costo, da parte di trust già padroni del mercato interno.
Secondo un primo risultato preliminare, a detta delle autorità USA il dumping c’è, con margini medi ponderati stimati pari al 91,74%. In altre parole, La Molisana e Garofalo in primis – ma anche altri marchi di rilievo nazionale come Barilla e Rummo, o le più locali Cocco e Liguori – sono accusate di concorrenza sleale sul suolo statunitense.
La risposta di Trump è stata allora la minaccia di una percentuale di dazi complessivi pari al 107% su praticamente tutta la pasta italiana, ma le aziende coinvolte non sono rimaste a guardare. La Molisana, in particolare, mentre respinge qualsiasi accusa, si dice pronta ad aprire una fabbrica sul territorio a stelle e strisce per risolvere il problema alla radice.
“Cercheremo di discutere con l’amministrazione americana perché con dazi al 107% per noi non è possibile lavorare”, ha dichiarato l’AD Giuseppe Ferro, che aggiunge: “Non c’è dumping, e questo era già emerso nelle due precedenti procedure analoghe alle quali siamo stati sottoposti negli anni passati dallo stesso Dipartimento del Commercio Usa”.