Ci giunge voce di una bozza redatta dalle mani della Commissione europea per incentivare il consumo di frutta e verdura made in Europe nelle scuole. Sebbene nessun documento sia ancora stato condiviso dai piani alti del Vecchio Continente, fonti autorevoli (aka il Financial Times) svelano l’iniziativa prevista dalla Commissione non tanto per una questione salutare o ambientale, quanto economica. La mossa stimolerebbe l’acquisto da aziende locali, piuttosto che l’importazione dei prodotti, come avviene principalmente al momento.
Perché l’UE vuole solo prodotti made in Europe
La quantità di frutta e verdura importata sul territorio a stelle gialle è circa il doppio di quella che viene esportata; i Paesi a cui attingiamo maggiormente per queste materie prime sono i vicini Marocco e Turchia, ma anche gli Stati Uniti oltreoceano.
Il dato deve aver accesso un campanello d’allarme a Bruxelles, da dove dovrebbe giungere un comunicato per spingere all’utilizzo di ortaggi made in Europe negli istituti scolastici. Made in Europe, badate bene, non a chilometro zero. I licei francesi potranno quindi tranquillamente importare arance spagnole e gli asili nido austriaci servire olive greche.
Pare evidente, insomma, che il nocciolo della questione non sia il fattore ambientale, dato che una cassetta di frutta che viaggia dalla Sicilia alla Svezia non ha di certo una bassa impronta di carbonio. Il punto chiave non è nemmeno l’aspetto salutare, che potrebbe invece essere rilevante dato che sappiamo come vengono coltivati i nostri ortaggi in UE, ma non altrove (i famosi doppi standard per cui qualche mese fa Coldiretti Puglia è persino partita all’arrembaggio di una nave).
La ragione è molto semplicemente economica: invitare le mense scolastiche ad attingere dal paniere europeo vuol dire dare una spinta all’economia dei nostri 27 Paesi. La nuova politica rientrerà in una più ampia revisione delle regolamentazioni europee per il mercato agricolo, e dovremmo sentirne parlare ufficialmente molto presto.