L’agricoltura spaziale non è affatto un concetto nuovo, ma l’esigenza di cibo nutriente e soddisfacente al di fuori dei confini terrestri cresce in modo direttamente proporzionale al dilatarsi dei tempi di permanenza nello spazio. Allora la ricerca continua e il focus di questi giorni è sul riso: alimento ricco di carboidrati, necessari per una dieta equilibrata tanto quanto le vitamine (già più facilmente reperibili grazie alle coltivazioni di ortaggi idroponiche). L’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) si sta occupando dello sviluppo di super nano-piante come il suddetto cereale, ma c’è un piccolo problema: non abbiamo la più pallida idea di come cuocerlo.
Il riso c’è, ma l’acqua non bolle
Si chiama Marta Del Bianco la biologa dell’ASI che ha appena presentato ad Anversa lo stato di salute del progetto Moon Rice, una collaborazione tra l’Agenzia Spaziale Italiana e tre università dello Stivale (quelle di Milano, Napoli e Roma) volta a sviluppare colture idroponiche e aeroponiche di riso.
Del Bianco ha raccontato del cereale spaziale in occasione della conferenza annuale della Society for Experimental Biology – la stessa durante la quale in questi giorni è stato affrontato il tema del collegamento tra cambiamenti climatici e diminuzione dei nutrienti nelle piante. Facciamo il punto della situazione sulla super nano-pianta (e capiamo perché la chiamiamo così).
L’idea di costruire basi permanenti sulla Luna o su Marte è sempre più concreta, ma per farlo occorre risolvere il problema dell’alimentazione. I cibi disidratati e imbustati (per quanto chef stellati come Anne-Sophie Pic cerchino di renderli più allettanti) non possono essere la soluzione definitiva.
Astronaute e astronauti devono avere accesso al giusto equilibrio di nutrienti: non solo vitamine e sali minerali delle piante, ma anche proteine e carboidrati. Gli alimenti devono anche essere riproducibili in spazi ristretti senza dover ricorrere a scorte infinite di cibo già pronto.
A differenza di molti ortaggi, specie quelli a foglia, le piante dei cereali sono di dimensioni troppo grandi per lo spazio; ma grazie al progetto Moon Rice, si è riusciti a rimpicciolirle usando un ormone chiamato gibberellina.
Questo, tuttavia, influisce sulle rese, ed è per questo che il team di ricerca ha lavorato per creare le super nano-piante: piccole nelle dimensioni, ma dal tasso produttivo elevato.
Rimane un unico problema (non da poco), e lo spiega chiaramente Del Bianco: “Al momento non abbiamo modo di far bollire una pentola d’acqua su un’astronave. La cucina resta un problema da risolvere, se vogliamo che gli astronauti assaggino il risotto”.