La società Snickers ha ritirato uno spot che ha trasmesso in Spagna: la pubblicità mostrava un uomo con presunti atteggiamenti gay che, dopo aver mangiato la nota barretta, si è sentito “meglio” ed è diventato etero.
Lo spot mostra l’influencer spagnolo Aless Gibaja che ordina un “succo d’arancia sexy” e fa alcune battute “ambigue”. Il cameriere lancia un rapido sguardo all’amico di Aless, porge a Gibaja uno Snickers e, dopo un boccone, l’influencer si “trasforma”: “Stai meglio?” gli chiede l’amico. “Meglio”, risponde l’uomo, dopo che gli è apparsa una barba, la voce è diventata più profonda e sembrava, insomma, più “mascolino”.
El REPUGNANTE anuncio PLUMÓFOBO de Snickers. pic.twitter.com/bxtgMHh44e
— Gato (@gamomena) August 4, 2021
Lo slogan recita: “quando hai fame, non sei tu”. Un modo alquanto contorto (e poco riuscito) per mostrare il concetto. Dopo che questa pubblicità ha iniziato a circolare online, è stata pesantemente criticata, dopo che alcuni utenti chiedevano un boicottaggio del marchio. La Federazione statale di lesbiche, gay, trans e bisessuali è stata tra coloro che lo hanno condannato, affermando in un tweet che è “vergognoso che ci siano aziende che continuano a perpetuare stereotipi e a promuovere l’omofobia“.
Anche il ministro spagnolo per l’uguaglianza, Irene Montero, è intervenuta. “Mi chiedo chi penserebbe che sia una buona idea usare l’omofobia come strategia aziendale”, ha detto su Twitter. “La nostra società è diversificata e tollerante. Speriamo che anche coloro che hanno il potere di decidere ciò che vediamo e ascoltiamo nelle pubblicità e nei programmi televisivi imparino a esserlo“.
Giovedì, Snickers Spagna ha dichiarato che avrebbe immediatamente ritirato la pubblicità e si è scusata “per qualsiasi malinteso” causato dalla campagna.
“In questa particolare campagna volevamo trasmettere in modo amichevole e spensierato che la fame può cambiare il tuo carattere“, si legge in una dichiarazione pubblicata online. “In nessun momento si intendeva stigmatizzare o offendere alcuna persona o collettivo”.
Fonte: The Guardian