È buono, fa bene e ora ha anche la sua DOP riconosciuta dall’Ue: nell’elenco dei prodotti a denominazione d’origine protetta, c’è ora anche il tè Rooibos ed è il primo prodotto africano a entrare in questa lista.
Insieme al prosciutto di Parma e allo Champagne, ora c’è anche il tè Rooibos: l’iconico tè è il 40° prodotto DOP non europeo a entrare a far parte della lista. Per primo ce l’aveva fatta il Café de Colombia, entrato a far parte dell’elenco nel 2007, seguito nel 2011 da altri come il tè indiano Darjeeling e il tè verde cinese Longjing cha.
Il Rooibos si ottiene per infusione di foglie o steli essiccati di Aspalathus linearis. La pianta cresce a Cederberg, una regione montuosa con un terreno fertile a nord di Città del Capo, e in condizioni microclimatiche rigide con estati calde e secche e inverni umidi. Una volta raccolta, la pianta viene coltivata seguendo un processo specifico per produrre un tè dal gusto fruttato, legnoso, speziato e naturalmente privo di caffeina.
È probabile che la nuova denominazione dell’UE offra ai produttori e agli agricoltori del tè rooibos un prezioso vantaggio economico, perché solo gli infusi prodotti nell’area locale a nord di Città del Capo e che seguono regole specifiche, possono essere etichettati come “rooibos”. Ciò garantisce che il tè prodotto in altre aree non possa essere venduto nell’UE – uno dei più grandi mercati del mondo – con il nome rooibos/red bush. Sono inoltre vietati gli usi impropri che richiamano a questo prodotto, come “tipo Rooibos”, “tipo Red Bush”, “stile Rooibos” o “imitazione di Red Bush”.
Questo nuovo marchio rafforzerà probabilmente anche lo sviluppo economico del Western Cape e dell’intera Sudafrica. La regione produce già una media di 14.000 tonnellate di rooibos all’anno e nel 2019-20 l’espansione della domanda globale ha portato a un aumento a circa 20.000 tonnellate.
Il South African Rooibos Council ha stimato che le vendite totali di rooibos nel 2020 sono state pari a 6 miliardi di tazze di tè, quasi una tazza per essere umano sulla Terra. Ha inoltre riferito che metà della produzione viene consumata localmente, mentre l’altra metà viene esportata in oltre 60 paesi. Nel 2019, i maggiori mercati di esportazione sono stati la Germania (28%), il Giappone (22%), i Paesi Bassi (9%) e il Regno Unito (8%).
[Fonte: TheConversation]