Emily in Paris, Mc’Donalds e i deliri sulla Guida Michelin

In un frullatore di luoghi comuni e product placement, come risultano McDonald's e la Guida Michelin (insieme) in Emily in Paris.

Emily in Paris, Mc’Donalds e i deliri sulla Guida Michelin

Il 21 dicembre è uscita su Netflix la terza serie di Emily in Paris. E perché ne stiamo parlando? Perché il cibo è molto presente in tutte le stagioni, ma in questa di più. Uno dei personaggi principali della serie è infatti uno chef, Gabriel, intorno al quale si intrecciano diverse dinamiche, mentre il suo ristorante (che peraltro esiste davvero e fa cucina italiana) è esattamente sotto casa della protagonista, tanto da fare da sfondo a numerose scene. Tornando alla terza stagione questa ha il merito, più delle altre, di offrire allo spettatore e spettatrice una carrellata di incongruenze e momenti di imbarazzo. A dirlo non sono io, ma il pubblico americano, tra i principali destinatari della serie e c’entrano sia McDonald’s che la Guida Michelin. Che strana accoppiata.

Pensiamo a Emily in Paris come a un prodotto d’intrattenimento sì, leggero, futile, guardatelo se vi va (del resto io che ho fatto?). Però annotate anche le cose che seguono. Prima di tutto la trama, per chi non la conoscesse si risolve in pochi minuti. Emily è una donna di origine americana che viene mandata dall’agenzia di comunicazione per cui lavora a Parigi. E qui la storia praticamente è finita. Intorno a questo innamoramento per Parigi, per i suoi abitanti, le vicissitudini per un lavoro altalenante e complesso, girano tutti gli episodi. La maggior parte dei clienti con cui si interfaccia la protagonista vengono dal mondo dell’alta moda, Emily stessa si veste in modo estremamente creativo indossando Luisa Spagnoli, Valentino e Cavalli, solo per citarne alcuni.

Emily va da McDonald’s

Emily in Paris McDonald's

E quindi? Immaginatevi nella terza serie di trovarvi di mezzo il McDonald’s. Sarà uno dei papabili clienti che Emily cercherà di portare all’interno della sua agenzia, che vorrebbe un lancio sul mercato francese della nuova McBaguette, prodotto peraltro che esiste già. Si tratta chiaramente di un’operazione di product placement portentosa (c’è anche la vodka Grey Goose tra gli sponsorizzati), un posizionamento di mercato in cui si arriva a suggerire che il brand McDonald’s in Francia non sia affatto cheap, come crede Emily, ma una sorta di Starbucks Roastery dei panini, un brand di “lusso” molto più simile a quelli con cui l’agenzia di Emily lavora abitualmente.

Sei mai stata da McDonald’s a Parigi?” le dice Gabriel. “No, perché” le risponde lei. “Ti porto a pranzo”.

A questo punto i due entrano in uno store enorme, quello degli Champs-Elysees a cui mancano solo gli orti a kilometro zero e le vasche idromassaggio. “Che chic” dice Emily entrando “è sempre McDonald’s ma adattato alla cultura francese” per proseguire con “non ci credo che uno chef francese sia un habitue del McDonald’s”. “Non vengo tutti i giorni” risponde lui “È quello che noi chiamiamo “un petit plaisir”. E mentre dice questo, Emily beve quello che sembra un gigantesco bicchiere d’acqua.

Il McBaguette, provato per noi

McBaguette

Su Insider Erin McDowell ha dichiarato di aver visitato alcuni negozi McDonald’s di Parigi e di non averli trovati affatto chic come descritto nella serie. Inoltre racconta di aver assaggiato proprio il Mc Baguette nella versione del menu dedicata alla serie “Emily in Paris” che comprende un panino con baguette, bistecca tritata, insalata, formaggio Emmental, senape e salsa alla senape di Digione. Molti utenti si sono dimostrati contrariati dalla scelta di inserire questo brand all’interno della nuova stagione. In realtà come abbiamo già scritto, il McBaguette è stato lanciato per la prima volta nel 2012 per essere riproposto periodicamente nei negozi francesi della catena e ritornare a dicembre 2022 per una collaborazione commerciale contemporanea al lancio della nuova stagione di Emily in Paris, accompagnata anche da un contest. Noi abbiamo Ghali, loro hanno Emily in Paris.

Lo chef vuole la stella Michelin

Ma l’ingresso nel mondo del cibo non si ferma qui. Dopo aver trattato lo champagne nella serie precedente, ora Emily deve occuparsi del fatto che Gabriel vuole prendere una stella Michelin. I due vanno in un ristorante provenzale, Clover Gordes, che esiste veramente sotta la guida dello chef Jean-François Piège e non ha nessuna stella Michelin ma in compenso gode di una vista che ha del sensazionale. Qui Gabriel si siede al tavolo e mangia dando libero sfogo alla voglia di fama “vorrei aprire un ristorante come questo un giorno. Servire i piatti della mia infanzia, lo chiamerei Gigi, mia nonna” e sì, l’ha detto davvero. “E ti daranno la stella Michelin” dice Emily. A quel punto Gabriel spiega che non è affatto facile riceverla, ma nonostante questo la fa molto più banale e didascalica di quanto non sia. “Forse non ne vale la pena” dice Emily. “Certo che ne vale la pena. È il mio sogno” risponde Gabriel.

La stella! La stella!

Da qui si innesca tutta una serie di strambe situazioni che permetteranno a Gabriele di prendere questa benedetta stella. Come rifare il locale da zero (in tre giorni), far venire la nonna a cucinare per qualche sera, chiamare l’ex fidanzata di un personaggio che guarda caso, sarebbe un’ispettrice della guida Michelin in incognito e portarla per la prima sera d’apertura (eh?) del ristorante a provare i nuovi piatti. E poi per una seconda sera quando lei, estasiata, dirà: “Non dirlo a nessuno. La vita dello chef Gabriel sta per cambiare. Questo ristorante si merita una stella Michelin”. È tutto un po’ surreale, semplice e stereotipato. Su Mashed si sono chiesti se sia davvero possibile ricevere una stella secondo questo iter, tramite una raccomandazione, concludendo che la visita durante la prima serata d’apertura non può essere che un “work of Hollywood”.