Quanto vale il turismo enogastronomico italiano?

Dall’analisi dei dati il settore del turismo gastronomico nostrano promette bene per il futuro. Ma il covid ha pesato, così come la mancanza di dati e le differenze tra regioni e regioni.

Quanto vale il turismo enogastronomico italiano?

Il turista enogastronomico è, potenzialmente, chiunque. Ma più nello specifico è il viaggiatore che ha svolto “almeno un viaggio con pernottamento con motivazione primaria l’enogastronomiaha scritto Roberta Garibaldi, Presidente onorario dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico che anche quest’anno ha prodotto un report sullo stato dell’enoturismo italiano con cifre e dati molto interessanti.

I numeri mostrano un movimento sensibile nei confronti del turismo enogastronomico italiano, che coinvolge poli attrattivi come i prodotti di eccellenza (per esempio i prodotti regionali certificati come Dop e Igp), il comparto della ristorazione e degli agriturismi, il viaggio legato al turismo dell’olio e del vino, ma anche quello legato ai microbirrifici, i musei del gusto, le strade del vino e dei sapori. Tutti questi segmenti concorrono a proporre un’offerta enogastroturistica che viene selezionata ogni anno da viaggiatori stranieri e italiani che considerano il cibo, il vino, l’olio una leva sufficiente per spostarsi e raggiungere una determinata destinazione. Con o senza Covid.

I numeri del turismo enogastronomico

bacaro

Al 2019 la spesa dei turisti stranieri per motivi di vacanza ammontava a 28,5 miliardi di euro; di questi, 354,5 milioni (ossia l’1,2%) provenivano da coloro che avevano compiuto un viaggio con motivazione primaria l’enogastronomia. Il numero di pernottamenti ascrivibili a questa ragione è pari a circa 3,4 milioni su un totale di quasi 247 (ossia l’1,4%). Questi dati tuttavia, devono essere considerati al ribasso, perché provengono da un’analisi della Banca d’Italia che registra solamente coloro che hanno svolto un viaggio ponendo come motivazione primaria l’enogastronomia, che però tocca anche altri comparti del settore turistico (pensiamo alla ristorazione).

I numeri con il covid

Per la fase pandemica non abbiamo a disposizione gli stessi dati, purtroppo, a causa della sospensione del rilevamento dei dati da parte della Banca d’Italia. Possiamo comunque immaginare una forte contrazione che corrisponde a quella che ha investito tutto il comparto turistico. Riporta il report che le restrizioni alla mobilità e circolazione delle persone hanno causato una diminuzione della spesa dei viaggiatori internazionali pari al 60,9% rispetto al 2019; ancora più marcata la contrazione nella spesa per vacanze, passata da 28,5 a 8,9 miliardi di euro (-68,8%). Nonostante tutto, si vedono segnali di ripresa molto interessanti.

Turismo enogastronomico e questioni da risolvere

Oltre al problema della pandemia, la fotografia rilasciata dal report segnala tutta una serie di problematiche, gap e questioni su cui si potrà intervenire in futuro per migliorare l’offerta del turismo enogastronomico, fiduciosi che sia uno dei maggiori punti di forza del settore turistico italiano. Ad esempio:

Ristorazione, un settore precario

Il biennio 2020-2021 è stato estremamente negativo per il settore ristorativo. La chiusura forzata durante i lockdown, le successive riaperture a capienza ridotta e il crollo dei consumi alimentari degli italiani fuori casa hanno generato importanti perdite economiche. Il fatturato ha toccato i minimi storici nel periodo Aprile/Giugno 2020 e tra Gennaio e Marzo 2021, anche se la situazione sembra in miglioramento. Il numero di nuove imprese è stato decisamente inferiore alle cessazioni, con un saldo negativo che ha toccato – 13.060 e -13.952 esercizi nel biennio 2020/21. Questa contrazione nelle nuove aperture desta particolare una preoccupazione sia per la sua pervasività (interessando in misura simile tutte le regioni italiane) che he per gli effetti sul medio periodo. È, infatti, principalmente nelle nuove imprese che si realizza la prospettiva di innovazione del settore e di sviluppo dell’occupazione (FIPE, 2022).

Crescono gli agriturismi ma non il loro valore economico

Il valore della produzione agrituristica in Italia è sceso del 48,9% rispetto al 2019, attendatosi a 802 milioni di euro (ISTAT, 2021). I flussi turistici hanno visto una forte contrazione sia negli arrivi (-41%) che nelle presenze (-34%); il calo è stato soprattutto nella domanda straniera, tanto che il rapporto tra italiani e stranieri, che nel 2019 era di 11 a 10, è sceso a 23 a 10 nel 2020.

La crescita del turismo nell’olio

Mentre per quanto riguarda il turismo enologico, non c’erano dubbi, il settore dell’olio è ancora da scoprire. Nel 2019 l’enoturismo contava almeno 15 milioni di presenze tra turisti ed escursionisti e generava un fatturato complessivo di circa 2,65 miliardi di euro (Città del Vino, 2021). La valorizzazione dell’olio nel turismo è, invece più recente. Iniziative nazionali hanno certamente contribuito a dare visibilità a questa proposta per esempio la legge del 26 Gennaio 2022 che definisce i requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio delle attività oleo-turistiche nelle aziende di produzione.

Quale turismo per il settore brassicolo?

L’anno 2020 è stato particolarmente difficile per questo comparto. Il blocco della ristorazione, che rappresentava prima della pandemia il canale principale di vendita, ha ridotto fortemente la produzione di birra artigianale, passata dai 523 mila ettolitri del 2019 ai 361 mila del 2020. Di conseguenza il fatturato è sceso, in una cifra superiore (tra il 70% ed l’80%), e numerose sono state le chiusure delle realtà artigianali nel Paese (Assobirra, 2021). Si è passati dalle 841 realtà attive del 219 alle 756 del 2020. Pur vantando certamente delle realtà attive ed attrattive, l’offerta turistica legata alla birra è, però, ancora agli albori se confrontata con altri Paesi quali, ad esempio, Germania, Stati Uniti, Belgio. L’interesse da parte del pubblico di residenti e turistici c’è, ed è in crescita.

Le disuguaglianze geografiche

Il turismo enogastronomico non è ripartito in modo omogeneo su tutta la penisola. A fianco a regioni molto competitive come Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Lombardia, ci sono scenari completamente diversi. Nelle grandi regioni dell’Italia meridionale – Puglia, Sicilia, Campania – la voglia di «fare impresa», che si traduce in un alto numero di aziende nei settori legati (direttamente o indirettamente) al turismo enogastronomico, si associa ad un ambiente meno favorevole.

I musei del gusto in numeri

I musei del gusto sono realtà culturali che stanno riscuotendo un crescente apprezzamento da parte del pubblico. In Italia se ne contavano nel 2021 ben 129. Tuttavia il nostro Paese non ha un museo dedicato di rilevanza nazionale, al contrario di quanto avviene, ad esempio, in Francia con La Cité du Vin di Bordeaux – museo che ha accolto nel 2019 oltre 416 mila visitatori nel 2019.

Più dati, più certezze

L’analisi del report sul turismo enogastronomico 2021 mostra come permangono ancora oggi dei grossi limiti nella disponibilità di dati. Spesso la statistica ufficiale non fornisce informazioni relative né al grado di apertura al turismo né al numero di turisti in visita alle aziende di produzione o ad altri attrattori. Per le prime, la situazione sta cambiando grazie all’introduzione di specifiche normative che porterà ad avere dati affidabili e specifici sul turismo in merito a singole componenti dell’offerta. A livello europeo si ravvisano due ulteriori problematiche oltre a quelle indicate in precedenza.