Roma cambia faccia. Sì, ma come? E soprattutto: alle spese di chi? Non è un mistero che negli ultimi mesi la Capitale sia stata rivoltata come un calzino anche grazie ai fondi del PNRR, con l’obiettivo di procedere – più o meno speditamente – verso una “rigenerazione Urbana” (le virgolette sono quanto mai d’obbligo). Tra i quartieri maggiormente coinvolti (o potremmo dire colpiti?) c’è l’Esquilino, fino alla Stazione Termini, da Piazza dei Cinquecento a Piazza della Repubblica.
Ma se Roma appartiene a chi la respira ogni giorno, spesso i proclami attorno a certe operazioni, pratiche o teoriche che siano, sembrano stridere con la natura stessa di una città unica nella sua complessa identità. E stride leggere la notizia che un famoso e a suo modo iconico stabile di via Giolitti sia stato attenzionato dal Comune per un percorso amministrativo che dovrebbe “recuperare l’edificio”, bollato da diversi quotidiani, e da una certa opinione pubblica, come “un dente cariato che ospita negozietti di scarsa qualità” per poi forse farne, si legge negli articoli, “una galleria commerciale”, “sfrattando le attività presenti”, dopo “aver rialzato l’immobile”. Tradotto: l’ennesimo benestare ad una gentrificazione senza scrupoli.
Sfizio: altro che “dente cariato”
Una definizione, quella di “dente cariato”, che ci sentiamo di contraddire, anche alla luce dello spazio occupato da Sfizio. Caffetteria, ristorante, pizzeria. Presidio di qualità, nonché attività storica a conduzione familiare giunta oggi alla quarta generazione, attivo dal 1948. Con tutto il rispetto, non un Chicken Hut da cancellare con un documento amministrativo, in nome di un percorso di valorizzazione dalle discutibili sfumature. Così abbiamo incontrato Leonardo Lanza, chef e proprietario di Sfizio, pronipote del fondatore Titì e figlio di Giovanni, che ha gestito il locale per quindici anni. “Negli articoli usciti c’è poco di reale”, ci dice lo chef, in un affollato e già bollente mercoledì di fine maggio. Il riferimento è, in particolare, a un articolo pubblicato su Repubblica lo scorso 20 maggio, il cui titolo è emblematico: “Dente Cariato” di Via Giolitti: verso lo sfratto dei negozietti. In futuro una galleria commerciale.
“Non vogliamo alimentare polemiche: il nostro obiettivo è offrire un’esperienza autentica, fatta di accoglienza, relazioni vere e prodotti unici. Sentire descrivere il nostro locale come un semplice negozietto fa male, perché ogni giorno accogliamo persone da tutto il mondo e per noi non sono numeri, ma storie da ascoltare. In un contesto, come quello della Stazione Termini, dove spesso i luoghi si assomigliano e si perdono in dinamiche impersonali, noi abbiamo scelto di essere più umani. Ed è questo che ci rende unici”.
Riqualificare non vuol dire sterilizzare
Se “riqualificare non vuol dire sterilizzare”, lo chef Lanza si è detto amareggiato nel leggere gli articoli usciti. “Di questo progetto che vedrebbe ricostruito il nostro stabile, in verità, se ne parla da anni. Al vaglio passò anche un progetto di Fuksas. Con i lavori di riqualifica per il Giubileo l’attenzione per il dente cariato è salita e ora il Comune ha istituito una commissione che ogni due mesi si riunirà per parlare della situazione. Dal canto nostro vorremmo poter dire la nostra, e mi sto dando da fare per parlare con il sindaco Gualtieri e con i consiglieri Angelucci e Melito, che si stanno occupando della questione”, spiega Leonardo Lanza, in un tavolo posto sotto una foto datata 1998, nella quale il sindaco Rutelli consegna una targa a suo nonno Giuseppe, come attestato di eccellenza per i 50 anni di attività.
Un presidio gastronomico e sociale che sfida la gentrificazione
Entrati nel locale ci troviamo davanti un grande bancone: al centro la caffetteria con la tavola calda, sulla sinistra le pizze tonde, stile newyorkese (tonde grandi servite a slice). Sulla destra una sala interna, fuori un dehor in cui non manca il verde. Sulla terrazza sopra all’unico piano (tanto che per architettura sembra di stare a Brooklyn), tra i condizionatori e i piccioni, fanno capoccella tre ulivi, messi lì proprio da Leonardo. Silenziosi, scrutano l’irrequieta via Giolitti, arricchendo l’edificio con un tocco di natura. “Il nostro menu presenta articoli mirati e una proposta gastronomica ben studiata. Il formato della pizza a tranci consente ai nostri clienti di sperimentare vari gusti. Offriamo proposte classiche e altre più creative: per esempio, sulla marinara utilizziamo alga dulse e lattuga di mare per donare un tocco marino. La nostra cucina propone piatti semplici, con un’attenzione particolare al rapporto qualità-prezzo.” Accanto. caffè Specialty, birra artigianale e vini ultra-selezionati.
Sfizio è un punto di contatto internazionale, che non rinuncia alla sua spiccata e radicata romanità. Ma qual è la storia del palazzo? E perché ha la particolarità di essere mozzato? Ce lo racconta proprio lo chef. “Tra gli anni Cinquanta e Sessanta c’era l’idea di buttare giù gli edifici, perché volevano fare un grande viale che partisse da Porta Maggiore fino a Termini. Volevano abbattere e fare i porticati, parliamo di più di 20 palazzi. Una volta espropriati e buttati giù i primi piani superiori si sono resi conto che l’opera era irrealizzabile, ed hanno lasciato il palazzo a metà”.
Qualità e lungimiranza, ma anche una forte attività umana sulla zona, in quanto Sfizio, ogni domenica, si rimbocca le maniche per sfamare i senzatetto che popolano Termini, come spiega lo chef: “Da anni lavoriamo per valorizzare il quadrante della Stazione, e non solo con la nostra proposta gastronomica, ma anche con un impegno concreto nel sociale: ogni domenica prepariamo pasti per i senzatetto, in collaborazione con Mama Termini e TerminiTV. Un lavoro iniziato da circa un anno, in collettività. Prima si andava in ordine sparso. Ora, tutte le domeniche, senza saltarne una, prepariamo un pentolone di pietanze calde dalla nostra cucina, e con le feste ci applichiamo di più: a Natale abbiamo preparato i tortellini in brodo, per la fine del Ramadan, invece, abbiamo preparato pollo con peperoni, seguendo le regole Halal.
Sui senzatetto di Termini c’è purtroppo una grande pressione sociale, troppa è la strumentalizzazione: senza aiutare, spesso ci si pone solo a favore di telecamera per qualche visualizzazione in più o qualche like”, e prosegue, “Siamo integrati con la zona circostante. Questo quadrante ha visto proliferare hotel e bed and breakfast, non penso che a Termini serva un altro hotel o un’altra galleria commerciale. Tra l’altro la bellezza di Roma sta anche nel suo essere anche decadente. Un edificio come il nostro andrebbe valorizzato con un progetto vero di rigenerazione urbana, magari con una bella terrazza alberata, e non con la vendita del lotto al miglior offerente. Ecco, noi restiamo qui, siamo un presidio che vive da 80 anni. Sfizio non è un vuoto a perdere, ma uno spazio storico e vitale”. Insomma, altro che “negozietto”: Sfizio, a metà di via Giolitti, è un crocevia che ricorda quanto Roma sia di chi la vive, e non di chi se la vorrebbe comprare.