Dal 2012 abbiamo perso 4,2 milioni di ettari di prodotti agricoli a causa del consumo di suolo

Il nuovo report pubblicato da ISPRA sul consumo di suolo fotografa una situazione allarmante che riguarda anche la perdita di prodotti agricoli, la capacità di infiltrazione dell'acqua e l'indice di copertura vegetale montana.

Dal 2012 abbiamo perso 4,2 milioni di ettari di prodotti agricoli a causa del consumo di suolo

È uno dei dati che emerge dal report sul consumo di suolo pubblicato il 26 Luglio 2022 da ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale dal titolo “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” a cura del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA). Stando ai dati, in pochi anni, a partire dal 2012 per arrivare al 2021, sono stati persi 4,2 milioni di ettari di prodotti agricoli a causa del consumo di suolo. Tra le regioni con il più alto consumo di suolo, spiccano Lombardia, Veneto e Campania.

Cos’è il consumo di suolo. La distinzione tra permanente e reversibile

impianto fotovoltaico

Come spiegato nell’EcoAtlante messo a disposizione di Ispra per far comprendere in modo semplice a un pubblico sempre più ampio lo stato dell’arte sull’argomento, il consumo di suolo è l’incremento della copertura artificiale del suolo rilevato in un determinato periodo di tempo (ad esempio due anni consecutivi) e si verifica quando una superficie originariamente naturale o semi-naturale viene ricoperta ad esempio da nuovi edifici, infrastrutture, strade, cantieri, etc. Il Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (SNPA) monitora il consumo di suolo aggiornando annualmente la relativa Carta Nazionale. In particolare, il consumo di suolo viene distinto in permanente (nuovi edifici, strade, altre superfici pavimentate o impermeabilizzate, etc.) oppure reversibile (piazzali, parcheggi e cortili non pavimentati, impianti fotovoltaici a terra, cave, cantieri, etc.).

I dati del report sul consumo di suolo

I dati che emergono dal documento sono inquietanti: nel 2021 infatti è stato consumato il 7,13% del suolo del territorio nazionale, una superficie pari a 2.148.514,93 ettari, un dato mai così alto da 10 anni a questa parte. Il rapporto stima che la velocità di crescita del consumo di suolo dal 2020 al 2021 è di 2,2 metri quadrati al secondo, circa 19 ettari al giorno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici. I valori percentuali più elevati del suolo consumato sono in Lombardia (12,12%), Veneto (11,90%) e Campania (10,49%). Gli incrementi maggiori, indicati dal consumo di suolo netto in ettari dell’ultimo anno, sono avvenuti nelle regioni Lombardia, con 883 ettari in più, Veneto (+684 ettari), Emilia Romagna (+658), Piemonte (+630) e Puglia (+499).

Il consumo di suolo è più intenso nelle aree già molto compromesse. Nelle città a più alta densità, dove gli spazi aperti residui sono spesso molto limitati, si sono persi 27 metri quadrati per ogni ettaro di aree a verde nell’ultimo anno. Tale incremento contribuisce a far diventare sempre più calde le nostre città, con il fenomeno delle isole di calore e la differenza di temperatura estiva tra aree a copertura artificiale densa o diffusa che, rispetto a quelle rurali raggiunge spesso valori superiori a 3°C nelle città più grandi.

Edifici, poli logistici, impianti fotovoltaici

Il 25% dell’intero suolo consumato è rappresentato dagli edifici (5.400 km2) che continuano ad aumentare costantemente (+1.125 ettari), distribuendosi tra aree urbane compatte (32%), aree suburbane e produttive (40%) e aree rurali (28%). Parallelamente oltre 310 km2 di edifici risultano non utilizzati e degradati, una superficie pari all’estensione di Milano e Napoli. 323 ettari nel 2021 sono stati destinati alla realizzazione di nuovi poli logistici, prevalentemente nel Nord-Est (105 ettari) e nel Nord-Ovest (89 ettari). Un aspetto del consumo di suolo riguarda l’installazione di impianti fotovoltaici a terra. Oltre 17.500 ettari di suolo sono occupati da questo tipo di impianti, in modo particolare in Puglia (6.123 ettari, circa il 35% di tutti gli impianti nazionali), in Emilia-Romagna (1.872) e nel Lazio (1.483).

Aree agricole e infiltrazione d’acqua

Tornando alla questione agricola, le aree perse in Italia dal 2012 avrebbero garantito la fornitura complessiva di 4 milioni e 150 mila quintali di prodotti agricoli e l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde e aggravano la pericolosità idraulica dei nostri territori. Nello stesso periodo, la perdita della capacità di stoccaggio del carbonio di queste aree (oltre tre milioni di tonnellate) equivale, in termini di emissione di CO2, a quanto emetterebbero più di un milione di autovetture con una percorrenza media di 11.200 km l’anno tra il 2012 e il 2020: un totale di oltre 90 miliardi di chilometri percorsi, più di 2 milioni di volte il giro della terra. Questo consumo di suolo recente produce anche un danno economico potenziale che supera i 3,6 miliardi di euro ogni anno, a causa della perdita dei servizi ecosistemici del suolo. La stima arriva a superare gli 8 miliardi di euro l’anno se si considera il consumo di suolo degli ultimi 15 anni (2006-2021).

L’indice di copertura vegetale montana

Un altro dato interessante registra l’indice di copertura vegetale montana. Secondo il report, la presenza di vegetazione è un indicatore importante per descrivere lo stato di salute dei territori montani. L’Indice di Copertura Vegetale Montana (MGCI) descrive come varia in questi territori la presenza di vegetazione, intesa come l’insieme di foreste, arbusteti, prati e aree agricole. Tra il 2012 e il 2020 si è assistito a una riduzione delle superfici vegetate nelle aree naturali montane, soprattutto a quote più basse; Umbria e Toscana sono le uniche regioni in cui si è verificato un lieve aumento delle aree verdi in territorio montano.

Le previsioni per il futuro

Tutti i dati riportati dal rapporto portano a concludere per il futuro che si tratta di valori molto lontani dagli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 che, sulla base delle attuali previsioni demografiche, imporrebbero un saldo negativo del consumo di suolo. Ciò significa che, a partire dal 2030, la “sostenibilità” dello sviluppo richiederebbe un aumento netto delle aree naturali di 269 km2 o addirittura di 888 km2 che andrebbero recuperati nel caso in cui si volesse anticipare tale obiettivo a partire da subito.