Madri e figlie in cucina. O dell’ansia da prestazione culinaria di chi ha una figlia cuoca

Come sono cambiati i tempi. Fino ad un certo punto nella mia vita avevo un unico punto di riferimento culinario: mia madre. E mia nonna era solo una vecchia. Piano piano i valori sono cambiati: mia nonna è diventata una fonte di informazioni datate e inaccessibili, in un certo senso vintage, e mia madre ha iniziato a chiedere consigli a me. Io ho sempre cucinato, ma il giorno in cui è entrata in casa la tv satellitare, portandomi su un piatto d’argento chef tipo Igles Corelli, Moreno Cedroni, Bruno Barbieri, Maurizio Santin & Co, ho capito che la cucina era altro. Era verticalità, era tenere la verdura croccante con cotture veloci, era contrasti di morbido e croccante, di caldo/freddo, era forme nuove, era coltelli affilati, era pulizia, ordine, materie prime di qualità. E attraverso questa qualità, valorizzata da piatti elaborati quel tanto che basta, che mi sono riavvicinata al concetto di semplicità.

Una volta si guardavano le donne della famiglia cucinare, poi qualcosa è cambiato. Non c’era più interesse per questo tipo di cose, c’erano altre novità, vedi la diffusione della tecnologia negli anni novanta. Fino a che l’attenzione della gente per la cucina, passando per la tv, è rientrata in casa. Così ho riscoperto la tradizione, con la consapevolezza del suo valore.

A casa mia non sono come a casa di Carlo Cracco: mio padre (ma i genitori in genere) non continuano a preferire la cucina di mia madre, ma questo inevitabilmente crea dei problemi tecnici di relazione fra me e mia madre. Così in cucina mi ritrovo ad avere con lei questo tipo di conversazioni.

– Dài Francesca, ti invito a pranzo, vorrei cucinare questo.
– Ah grande! buono!
– Si ma che ci metto?
– Mamma, quello che ci hai sempre messo, sono anni che lo cucini.
– Si ma l’altra volta non hai detto che era meglio comprare quell’altra cosa?
– Si, ok, allora compra l’altra.
– Va bene, ma come si cucina? Senti, facciamo una cosa, quando vieni lo facciamo insieme, eh? Ho paura di rovinarlo. Oppure senti, facciamo un’altra cosa.

Ecco, io ho un appello per le mamme dei cuochi: cucinate come vi viene, se ci avete cresciuto col vostro cibo, evidentemente non era poi tutto sbagliato, no? E un appello a chi non sa cucinare in maniera professionale e si vergogna di cucinare per chi invece lo fa bene: ma invitatemi a cena, fatemi un uovo fritto! Una cosa semplice, basta che stiamo insieme! Anche tu, mamma, fammi quel cavolo di sughetto che mi piace tanto e fottitene delle cotture sottovuoto! Insomma, va bene che il progresso migliori la qualità della nostra vita, ma per favore, non perdiamo il piacere di stare assieme e non facciamo diventare la cucina un ossessione!

Per voi lettori che sapete cucinare, com’è, v’invitano a cena? O hanno paura?

Francesca Barreca