Siamo tutti foodiots?

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Qualche minuto dopo le 7:30, Vittorio Rusinà, un edicolante di Cavoretto nei dintorni di Torino, ha già dato la notizia. “In edicola è arrivata la guida ai vini d’Italia 2010 de L’Espresso“. La regola ferrea di Twitter è rispettata: non più di 140 caratteri. Prima di infilarsi in auto per andare al lavoro, qualcuno dei suoi followers, come Davide Cocco, che si occupa di comunicazione e marketing, gli chiederà “se il Masari che si è aggiudicato le 5 bottiglie è proprio quello di Valdagno”.

Pausa di metà mattinata negli uffici di una grande azienda, è lunedì. Due giovani impiegati del reparto marketing sbrigati frettolosamente i convenevoli, vengono al dunque. “Allora, cosa hai cucinato per i tuoi amici sabato scorso, la Carbonara di Mele al Forno“? (intercettato con queste orecchie). Sara Maternini, una giovane milanese che lavora nelle pubbliche relazioni, ha pubblicato la ricetta della pasta alla Carbonara nel suo blog. Mele al forno, appunto. Ma solo dopo aver lanciato una discussione sull’argomento tra i suoi amici di friendfeed, raccogliendo 120 commenti.

C’è un gruppo sempre più numeroso di gastrofanatici che considera l’iPhone, il portatile, la fotocamera come un’appendice del proprio corpo. Per loro, il desiderio di informare il mondo sul pranzo di oggi all’Osteria Francescana di Massimo Bottura, viene prima della colazione. Chi sono secondo voi? Gastro-diaristi che saziano l’appetito dei loro seguaci al party virtuale del web, o piuttosto, l’incarnazione italiana dei foodiots? Persone che hanno smesso di parlare di sesso, politica o dell’ultimo reality in tv, preferendo concentrarsi sul gelato al latte di capra.

Pensateci prima di rispondere. Specie se i pensieri da 140 caratteri vi sembrano osservazioni superficiali. Se snobbate il culto dell’amatore. Se digerite male la democratizzazione dei media. L’importanza dei mezzi tradizionali è stata erosa proprio da gruppi come questo, perché offrono più opinioni, perché lo fanno ovunque, su Twitter, su Facebook, su friendfeed, perché tutto è gratis. Aggiungete il boom (anche italiano) dei social media e avrete il senso della rivoluzione che si è messa in marcia.

Nel frattempo, in questo orgasmo culinario, quasi un coito ininterrotto, l’editor di Dissapore ha appena concluso la prima storia di oggi. Foodiot.

Immagine: Good