I rischi nascosti nell’insalata di riso (ma anche nel poke e nel sushi)

Come evitare i rischi che caratterizzano il riso freddo, dall'insalata di riso al poke, passando inevitabilmente per il sushi. Dal Bacillus cereus alla sindrome sgombroide, come comportarsi per mangiare sereni.

I rischi nascosti nell’insalata di riso (ma anche nel poke e nel sushi)

I piatti freddi a base di riso sono i bestseller della stagione calda. Dalla pausa pranzo al pic nic in spiaggia, l’insalata di riso è da sempre un classicone, il sushi un evergreen duro a morire e il poke una new entry degli ultimi anni, assurta a “must eat”. Se in alcuni casi si può parlare di esecuzioni gastronomicamente discutibili, ma tutto sommato innocue e fin salutari, purtroppo celano rischi da non sottovalutare. Soprattutto quando le temperature esterne si alzano.

I pericoli del riso freddo

Partiamo dalla base di queste ricette: il riso freddo. Come tutti i cereali cotti (quindi anche pasta, orzo, farro e compagnia) è, ahinoi, il substrato ideale per la proliferazione di un batterio, il Bacillus Cereus, che produce spore, che producono tossine. Queste ultime, capaci di scatenare gastroenteriti, coliche, nausea, vomito.

Il Cereus è, purtroppo, un microrganismo ad alta diffusione, e non ci sono regole di igiene che tengano eccetto una: il rispetto della catena del freddo. Infatti, il bacillo vive e si moltiplica felicemente a temperatura ambiente.

Per esempio, quando lasciamo raffreddare il riso prima di unire i condimenti. Quando disponiamo la nostra bella insalata sul tavolo in giardino, in attesa che arrivino gli ospiti. O quando il ristoratore un po’ cialtrone prepara la mattina le ciotole di poke da servire all’ora di pranzo. Per tacer dei vassoi stantii degli happy hour e dei rotolini di sushi che, in era pre-pandemia, giravano per ore sui nastri trasportatori degli all you can eat.

Come difendersi dal riso cattivo

Se degli ultimi due speriamo di esserci liberati, restiamo comunque abbastanza esposti al pericolo a meno di usare qualche accortezza. Nei locali che servono poke o sushi, controlliamo sempre che siano tenuti in vetrine refrigerate.

E facciamo attenzione anche al riso saltato dei ristoranti cinesi, perché le spore resistono fino a 100°: un’occhiata alla cucina (per fortuna, va di moda che sia a vista) permetterà di controllare se, sul bancone, sono abbandonate vaschette di riso lessato, in attesa di essere gettato nel wok.

A casa, se cuciniamo il riso, non lasciamo raffreddare ammassato in una ciotola ma allarghiamolo su un vassoio, così che il calore possa evaporare rapidamente. E teniamo le preparazioni in frigorifero fino a poco prima di servire.

“Allergia” al pesce azzurro

Ci sono altre due famiglie di ingredienti, tipici dei piatti estivi, che non dovrebbero mai essere esposte troppo a lungo alla temperatura ambiente: quella del pesce azzurro e quella dei pesci grassi. Quindi, tonno, spada, sgombro, acciughe, sarde, salmone, aringhe. Da uno di questi prodotti deriva il nome dato all’insieme di disturbi che possono provocare: sindrome sgombroide.

I sintomi “mimano” quelli di un’allergia: eritemi, tachicardia, difficoltà respiratorie. A dover prestare particolare attenzione sono, perciò, soprattutto le persone che soffrono di altre allergie, non necessariamente alimentari.

Cosa succede e come evitarlo

Anche nel caso della sindrome sgombroide (come già raccontato pure per l’anisakis) il guaio ha poco a che fare con la qualità dei prodotti e molto con la natura, sebbene la presenza di alcuni batteri possa peggiorare le cose.

Succede infatti che questi pesci, nel momento esatto in cui smettono di vivere, iniziano a rilasciare istamina. E non smettono più.

Il rilascio è più elevato a temperature comprese fra 4° e 60°. E se stai pensando che, con surgelazione e cottura, le cose si risolvono, ti sbagli di grosso. La produzione rallenta, ma non si interrompe mai del tutto. A meno di cotture davvero lunghe a temperature davvero alte. Nulla cui si sottopone il pesce, insomma.

Per farti un esempio, questo composto è presente anche nel tonno in scatola o nelle alici sott’olio. Una latta lasciata aperta, nei luoghi già citati per il riso, ne può produrre in abbondanza.

Quindi, se è vero che il fenomeno non si può fermare, si può comunque contenere con una corretta refrigerazione di piatti cotti e crudi ed evitando di lasciar raffreddare all’aria quelli appena cucinati. Raccomandazione che vale per te come per il sushiman del tuo jap preferito.