Il food delivery è in crisi? Il caso di Just Eat

Il food delivery è in crisi? Il caso di Just Eat

Ci sono segnali di crisi nel tanto discusso mercato del food delivery? A ben guardare, potrebbe essere. È di un paio di giorni fa, infatti, la notizia del pessimo risultato di posizionamento in borsa di Uber (che ha scommesso molto anche sul servizio di delivery Uber Eats), il cui debutto era attesissimo, e che ha chiuso la sua prima giornata a Wall Street con un -7,62% rispetto al prezzo di collocamento (45 dollari). Intanto, il Times fa notare qualche segnale di cedimento anche in un altro colosso del settore, Just Eat.

Secondo il quotidiano londinese perde costantemente terreno, mentre i concorrenti (come Deliveroo) stanno a guardare sfregandosi le mani. “Nonostante le vendite, cresciute fino a 780 milioni di sterline – spiega il Times – Just Eat è scivolato nel primo trimestre di quest’anno. La crescita degli ordini in Gran Bretagna, che rappresenta ancora la metà delle vendite, è aumentata solo del 7,4%, ben al di sotto delle aspettative della città”.

Il motivo, in realtà, più che una crisi di settore potrebbe essere una politica incerta dell’azienda che, inspiegabilmente, si ritrova senza un amministratore delegato permanente da gennaio, quando Peter Plumb è stato “messo alla porta” (dice senza mezzi termini il Times) dopo soli 16 mesi di lavoro. Il Ceo del gruppo britannico, dopo solo un anno e mezzo di comando, aveva infatti abbandonato l’azienda, dopo che Cat Rock Capital Management, azionista con una quota dell’1% di Just Eat, aveva messo in dubbio le sue capacità  direttive. Dietro ai malumori c’erano sì una serie di scelte discusse (come la mancata cessione della quota di minoranza della start up brasiliana Ifood), ma anche qualche problema con la concorrenza: l’ingresso nel mercato di diversi competitor aveva già contribuito a far scendere le azioni di JustEat del 26% in un anno.

Da allora, fa notare il Times, le quotazioni di JustEat hanno subito un effetto yo-yo, mentre i concorrenti dell’azienda stanno investendo pesantemente nei propri mercati di riferimento e nelle cosiddette “ghost kitchen” o “dark kitchen”, le cucine-satellite adibite solo alla preparazione del cibo da delivery. Anche Uber e Deliveroo, comunque – fa notare il Times – non se la passano benissimo: Uber ha perso circa 2 miliardi di dollari in un anno, mentre Deliveroo nel 2017 ha realizzato perdite per circa 180 milioni di dollari. Ma la loro situazione finanziaria è tale da permettere di assorbire le perdite e – ipotizza il Times – anche di accaparrarsi un boccone di JustEat.

“È ora che il consiglio di amministrazione dimostri di essere audace e si metta a gestire questa dannata compagnia – ha detto un informatore interno al Times – JustEat può andare bene, ma farebbero bene a sistemare al più presto tutta questa storia”.

[Fonte: The Times]